Comincio a farlo sempre più spesso.
Lo so, e mi dispiace. La verità è che certe volte quello che penso, specialmente nell'ultimo periodo, è troppo personale per essere pubblicato online. Perché, come dice una battuta di un bellissimo film (The Facebook), su internet non si scrive a matita, ma con l'inchiostro. Non si può tirare il sasso nello stagno e sperare che le onde non arrivino al bordo, non so se mi spiego. Per cui, sull'onda delle lamentele che mi sono arrivate a riguardo, voglio parlare proprio di questo. No, non delle cose personali, ma della riservatezza di aver cura di quello che si dice.
Sono un estimatore dei Social network. Mi vanto spesso di essere uno dei primi ad aver fatto un profilo di Facebook, nel 2007 (FB nasce ad Harvard solo 3 anni prima), invitato da un mio amico dell'università che conosceva gente in america, dove era già diffuso. Rimasi subito affascinato della possibilità di poter rimanere in contatto con tutte le mie conoscenze, vicine o lontane che fossero. E soprattutto di sapere se le ragazze fossero single senza chiederlo, prima che cominciassero tutte a sposarsi con le loro migliori amiche. Che cosa bizzarra. E inquietante. Come tutte le belle cose lasciate alla discrezione popolare, però, lentamente ha cominciato a degenerare. La gente non aveva più solo voglia di mostrare, voleva vedere. Ed ecco che si cominciò a curiosare nei profili altrui, e di colpo comparvero interi album di foto, vacanze, battesimi e feste della nonna intervallate da piatti di gastronomia improbabile. E comparvero i tag, ovvero le foto associate ad una persona, per cui non dovevi nemmeno più fare lo sforzo di pubblicare tu stesso le tue immagini, qualcun'altro lo avrebbe fatto per te. Inutile immaginare come la cosa sfugga di mano. Si comincia ad essere taggati su foto che non dovrebbero mai essere proiettate su uno schermo, o non dovrebbero esistere tipo quelle di una generica festa a cui ho presenziato io, ogni volta che si apre la pagina hai la possibilità di farti i fatti di tutti e sapere chi si è lasciato con chi e a chi piace cosa. Troppe informazioni. Quando tutto questo è stato troppo, era decisamente stato passato il segno. In quel periodo, studiando diritto, avevamo affrontato il D.Lgs. 196/03, riguardante le privacy, quindi ero fresco di argomento. Non mi andava quindi che il mio diritto all'oblio fosse negato per mano altrui. E anche perché quelli che mi conoscono bene e sanno la storia, sanno anche che non l'unica motivazione, ma in fondo si compenetrano. Quindi, come in una di quelle pubblicità progresso pietose che fanno solo venire voglia di cambiare canale ho detto "basta" e non ci sono più tornato. Social sì, ma con criterio.
Con questa filosofia è stato creato il blog. Su questa piattaforma ho il completo controllo di quello che succede. Se ho voglia di dire qualcosa lo faccio, e se mi metto in una situazione ridicola o imbarazzante succede più spesso di quanto crediate è per mano mia. Non sono certo un maniaco del controllo, è solo che, come tutti, voglio essere responsabile di e per i miei errori. E quindi se voglio scrivere che le cose belle succedono, ogni tanto, e scriverlo con un sorriso sulla faccia, non lo dico tanto per dire. E se voglio dire che a volte le cose belle hanno due gambe e due occhi (belli pure quelli) e anziché essere plurali è singolare, lo voglio dire io, non che si venga a sapere per sentito dire.
Ma di questo forse parlerò un'altra volta.
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