martedì 19 maggio 2015

Il salto dal trampolino

Vorrei cominciare questo post con una dedica. Il mio pensiero va all'umorismo, alla sagacia e alla saggezza che aveva il post odierno, il quale è stato brutalmente cancellato (senza il mio consenso) dal programma che uso per scrivere. Proverò a riscrivere quello che avevo fatto, ma se non vi piace prendetevela con lui. Can'tan vegna 'n azidant.

Ieri è stata una giornata tosta. per carità, non intendo dire che è stata il contrario di quello che ho scritto nel post il giorno scorso, ma solo che è stata faticosa. Basti pensare che quando sono tornato a casa, abbastanza presto per fortuna, il vicino di casa mi ha accolto con un "ingegnere, già a casa a quest'ora?". Abbastanza per mettere alla prova e far sentire in colpa chiunque. Ho risposto solo sorridendo, anche perché che ne sa lui di quello che ho fatto io, o meglio, di quello che dovrò fare? Un mio carissimo amico avrebbe risposto con un sonoro "ma ci cazze vu? facite u cazz tui", molto colorito e che rendeva l'idea, ma ho scelto la via elegante. Anche perché poi sono rimasto per 2 ore davanti ad Excel, come un fesso, con la cravatta, in casa da solo. Morale della favola, finito tutto questo ero veramente cotto.
A quel punto dovevo scegliere che fare. L'idea di partenza era quella di mangiare qualcosa, sdraiarsi su un comodo divano e guardare fino all'ora di cena il mio programma preferito. Ma la realtà non è proprio così, e non nel senso che qualcosa si è messo in mezzo, ma per l'incapacità di realizzare il piano. Infatti, causa supermercato poco fornito, non avevo nulla da mangiucchiare, il mio divano può essere definito in tanti modi tranne che comodo, e in tv proprio non c'era niente. Allora perché non sfruttare la bella giornata e andare ad allenarci un po' al parco. Ma sì, perché no? Perché sono stanco, ecco perché no. Ma dai, ti fa tanto bene, poi lo sai che sei contento.
A quel punto mi sono ricordato di un evento che mi ha sempre fatto da esempio quando si parla di forza d'animo nel fare. La storia del trampolino.
Una volta, in una vacanza, di quelle che si facevano da piccoli in montagna d'estete con le bici, ci fermammo a fare il bagno in un lago. Un lago di montagna appunto. Gli austriaci non vanno tanto per il sottile, e anche se l'acqua non era proprio il massimo avevano costruito tutto un parco acquatico, con tanto di trampolino olimpionico, da 3, 5 e 10 mt. E cosa c'è di più bello per un bambino dei tuffi? Superati i primi due agevolmente, decido di lanciarmi da 10 mt, perché sono un uomo vero e non ho paura di nulla. Detto-fatto, infatti arrivato in cima me la sono fatta sotto guardando giù. Dovete sapere che a quell'altezza c'è molto più vento che a terra, e l'acqua sembra incredibilmente più dura di come sia qualche metro più in basso. Scatta una sorta di istinto di sopravvivenza. Però volevo farlo, a tutti i costi, anche solo per raccontarlo. Presi quindi una decisione incosciente, ma che mi sarei portato avanti per tutta la vita, pur di saltare. Saltai un metro prima del bordo.
Abbastanza per non vedere giù prima di buttarsi, ma anche troppo tardi quando, ancora in volo, avrei superato il bordo, per tornare sui miei passi. E adesso sono qui a raccontarlo. Ho scoperto che per questo genere di cose l'importante è mettersi in condizione di cominciare, perché poi il resto viene da sè. Fare il primo passo, il primo sforzo, che è sempre il più difficile. Quindi ieri mi sono vestito, e sono uscito di casa, che era l'unico obiettivo. A quel punto, fuori casa, ti passa la voglia di tornare dentro e dici il fatidico "già che sono qui..". Ho sentito dire che per avanti davanti a tutto bisogna bruciare i ponti e interrompere le strade, ma secondo me non è così tragico. Basta solo mettersi in condizione di cominciare, e, in un certo senso, di non poter tornare indietro.
Sono stato un'oretta e mezza ad allenarmi sotto il sole, e quando sono tornato a casa ero felice. Di essermi allenato e di aver fatto qualcosa che mi ha fatto bene di cui non avevo voglia. Dimostrando a me stesso che se mi ci metto posso.


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