Non penso sia ormai più un segreto che giro molto in macchina per lavoro. Non penso che nemmeno sia un segreto che sono sempre da solo, in macchina, e quindi la mente viaggia, prendendo direzioni a volte simili, a volte diametralmente opposte al corpo. Per cui tutto quello che vedo o sento mi dà da pensare, durante il mio tragitto quotidiano. Spesso è proprio questo che mi fornisce l'idea per il post che dovrebbe essere giornaliero ma ormai è quasi settimanale. In ogni caso, oggi sono passato davanti ad un cartellone pubblicitario, il cui gusto è sicuramente dubbio, ma trattandosi di commercio è giusto farsi pubblicità. Si tratta della pubblicità del cosiddetto "Outlet del funerale" lo so, non è il massimo di cui parlare, ma è evidente che sono un po' a corto di idee dove troneggia una frase:
Vita da cicala? Nessun problema!
Il significato della réclame era tantissimo che volevo usare questa parola, sa un sacco di nonna, riguarda la possibilità di avere una bella cerimonia anche non avendo molti soldi da parte, citando l'esempio celebre della storia della cicala e della formica.
A me questa favola non è mai piaciuta. Innanzitutto perché non è che ci fosse molta azione, ma soprattutto perché mi sono sempre chiesto come possa piacere una favola che finisce con un io però te l'avevo detto. Perché, diciamocelo, si tratta di una storia che prende in considerazione solo alcuni aspetti della vicenda nella sua interezza, ma considerarla nell'insieme permette di notare sfaccettature molto interessanti. Ma andiamo per ordine.
La storia originale racconta di come una cicala si diverta per tutta l'estate, mentre la formica si spacca di fatica a mettere via provviste per l'inverno. Arrivato il fatidico inverno, la cicala soffre mentre la formica sopravvive in quanto previdente. Bon. Niente da eccepire. Un comportamento irresponsabile porta a nefaste conseguenze. E fino a qua siamo tutti d'accordo. Ma non finisce qui. La cicala infatti viene presa da esempio perché il suo atteggiamento è più in vista di quello di una qualsiasi formica. Le loro vite sono simili, a differenza che la cicala è libera, non intrappolata in volontarie gerarchie di gruppo. Si gode la vita quando può godersela, e questo è oggettivo. La formica d'altro canto, passa il periodo più bello dell'anno a sacrificarsi, nemmeno solo per sé, ma anche per il team. Le formiche infatti non vivono un anno, e quello che mettono da parte lo fanno per gli altri, più che per sé. In una versione reale, entrambi muoiono prima dell'inverno, a differenza che almeno la cicala ha fatto una bella vita.
Il secondo aspetto interessante riguarda il secondo carattere della storia, ovvero la cicala. Non mi risulta che le cicale siano estinte, quindi probabilmente anche loro trovano un modo per sopravvivere all'inverno. Magari, e dico magari, anche loro mettono da parte delle provviste, ma non ne fanno una ragione di vita come per le formiche. Non vivono per lavorare, ma lavorano per vivere. Il comportamento della formica è giusto, ma limitato nella sua prospettiva. La cicala, magari inconsapevole, ottiene un risultato migliore, sapendo ben bilanciare il divertimento e la gioia di vivere con il lavoro. Tutti gli altri insetti si chiederanno "ma come fa la cicala a sopravvivere che sembra sempre a divertirsi?", mentre della formica si chiedono "perché sta sempre a lavorare se poi non ne ha così tanto vantaggio?". Si tratta di dedicare le proprie energie, il proprio tempo alle cose che meritano, in giusta quantità. Altrimenti ci si rischia di perdere qualcosa.
Tranquilla cicala. Ci vediamo in primavera.
venerdì 18 settembre 2015
Ode alla cicala
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