Ieri sera mi è arrivata l'ispirazione.
Lo so, non capitava da un po', inoltre una bella ragazza mi ha fatto notare che era un po' che non scrivevo, e se una bella ragazza ti dice di fare qualcosa lo devi fare, e subito, per cui eccomi qua.
Ieri sera, per l'appunto, ho ragionato su un bel pensiero. Guardavo un vecchio film, che nonostante passino gli anni mantiene intatto il suo fascino, oltre che delle battute senza tempo: Don Camillo e l'onorevole Peppone. L'avrò visto un milione di volte, ma mi fa sempre ridere, e non mi stanco mai di guardarlo. Sarà la maniera in cui è magistralmente recitato, le battute o anche il contesto (emiliano) in cui è ambientato, ma trovo che sia un capolavoro. La capacità di rendere in maniera così vivida una realtà che molti di noi conoscono bene, ovvero il dualismo tipicamente italiano del catto-comunista, che fa il mangiapreti di giorno ma quando ha bisogno si rivolge al curato, è sicuramente encomiabile. E poi sono uno spasso da vedere, recitazione di vecchia scuola, tipicamente teatrale, con espressioni del viso che fanno proprio immedesimare nella vicenda.
Arrivando al punto, tralasciando battute storiche di questo film, c'è un momento della storia che mi ha particolarmente colpito: durante l'esame di quinta elementare di Peppone, Don Camillo lo osserva attraverso la finestra, e arriva un bambino, che gli chiede di vedere il "suo papà mentre fa l'esame". È una scena molto dolce, semplice, ma abbastanza toccante. La cosa che mi ha fatto pensare è stato proprio quel bambino, con i suoi calzoncini corti e le sue espressioni dritte al punto. Contando l'epoca di cui è il film, in cui è ambientato, decontestualizzando il fatto che si tratta di un film e non della realtà, quel bambino potrebbe essere mio padre. Non che metta in discussione la paternità dei mie genitori, quanto più per il fatto che probabilmente quel bambino oggi ha 50/60 anni, tutti vissuti da allora, quando era un mezzo soldo di cacio che girava in braghe corte con un cane come amico.
Fa sempre senso vedere delle persone che si è sempre considerato superiori, più grandi, in una fase della loro vita in cui noi siamo più vecchi di loro. Anche se è inevitabile che chi è più grande di noi sia stato piccolo, è un'idea a cui è difficile abituarsi. Credo che la cosa che ci rende complesso questo pensiero sia che abbiamo sempre visto queste persone non solo come grandi, ma proprio come superiori, ignorando che se sono arrivate ad essere tali è anche perché hanno vissuto esattamente quello che noi viviamo in questo momento, o abbiamo già vissuto. Mio padre, e suo padre prima di lui, e via discorrendo, sono stati tutti bambini. E probabilmente lo sono stati in maniera molto simile a come lo sono stato io, solo in epoche diverse.
Fa anche strano guardare noi stessi, alle volte nella foto che abbiamo della nostra giovinezza, in cui ci riconosciamo, ma abbiamo anche l'impressione di non aver vissuto quel momento, solo per il fatto che non ce ne ricordiamo.
Trovo romantico il pensiero che qualcuno che considero adulto sia stato a sua volta bambino. Mi da fiducia in quello che sto facendo, la speranza di diventare anche io un adulto, magari anche un buon adulto. E magari un giorno un bambino guarderà le mie foto e si chiederà come è stata la mia infanzia, paragonandola alla propria.
lunedì 22 giugno 2015
Come eravamo
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