lunedì 30 marzo 2015

"Ti va di prenderci un caffè?"

Sono molto combattuto su di cosa parlare oggi. Oggettivamente la scelta si può restringere a due grandi argomenti, entrambi su cui ho riflettuto nel weekend. Il primo è di pubblico dominio, ovvero la classica affermazione da single: magari mi piacerebbe anche fidanzarmi ma non ho voglia di fare tutta la manfrina delle prime uscite. Argomento di pubblico interesse, e che va edulcolato.
Il secondo argomento, che mi sta particolarmente a cuore e quindi che interessa solo me è la vittoria di Valentino Rossi in Qatar ieri sera. Ma mi sembra di capire che l'infinita gioia che ho provato ieri sera non sia di pubblico interesse e quindi, non senza rammarico, non dico più niente. Forza Vale. Ok basta.
Ma torniamo al primo argomento.
Perché è necessaria tutta una fase di corteggiamento iniziale all'inizio di ogni relazione? La risposta più immediata è perché bisogna conoscersi e provarsi ma non ne sono del tutto convinto. Preferisco la versione di Scrubs, in cui viene spiegato che i primi appuntamenti sono tutti imbellettati in quanto bisogna gradualmente far uscire la propria follia, e non riversarla tutta improvvisamente sul partner. Oggettivamente, a nessuno piace che nelle relazioni qualcosa accada all'improvviso.
È quel periodo meraviglioso in cui una virgola di un messaggio, una pausa di attesa tra una chiamata persa fanno la differenza tra la vita e la morte. Tutto è importante, è un po' come rivivere il tempo delle mele, in cui c'erano quei gesti lenti e costruiti che avevamo visto per tante volte nei film, ma mai provati nella vita reale. Il problema vero è rifarlo tutte le volte, in quanto ogni persona va conosciuta nella maniera "standard".. Se poi uno riesce a trovare qualcuno con cui queste barriere non ci sono, beh, beato lui. Questo sicuramente è un grosso limite all'inizio di ogni nuova relazione, mi rendo conto però che è anche l'unico modo in cui si può fare, o almeno è l'uso comune. Di conseguenza sono costretto a seguire la logica comune e adattarmi alle usanze locali.
Morale della favola, se si vuole ottenere qualcosa di bello bisogna sicuramente sbattersi tanto. Però se volete qualcosa di bello senza fare sforzi, guardate la moto gp anche voi.

giovedì 26 marzo 2015

Il bello di esser brutti (parte 2)

A seguiti di alcune critiche che mi sono arrivate dal post precedente, amplio la discussione.
Così, giusto per creare ancora più scompiglio.
Mi è stato fatto notare che spesso, questo genere di modelle vengono rappresentate in foto non per come sono nella realtà, bensì modificate con un programma di fotoritocco denominato Photoshop. O chi per lui.
Io ho senpre trovato questa polemica estremamente sterile. Oggettivamente, cosa c'entra? Se stai guardando una foto, che in molti casi assume la valenza di opera artistica, che necessità si ha che questa sia una copia fedele della realtà? Non stiamo forse cercando nell'immaginario comune un ideale di bellezza? Nell'antica Grecia, quando si scolpivano delle statue di delle dee, scommetto che nessuno obbiettasse dicendo "eh sì, ma le donne vere non sono così".
Stesso discorso vale per oggi. Se guardo una donna su una rivista patinata, non mi interesso di lei e della sua storia personale, ma la vedo per quello che rappresenta su quella pagina: una modella. Un manichino animato, che può essere sistemato a piacimento. Questo non significa che la persona, interprete di tutto ciò sia un oggetto, ma per quello che rappresenta questo è un discorso diverso. Puoi essere una persona meravigliosa o pessima, non cambia certo se ti sono stati sfinati i fianchi su una rivista.
Se stiamo cercando un ideale di bellezza, questo è per definizione qualcosa di irraggiungibile, in quanto non superabile. Discorso diverso se si parla della massima bellezza, allora ci si può arrivare, ma non è questo il caso.
Menzione speciale va fatta anche per la principale causa scatenante di tutta questa polemica: l'invidia. Donne, fatevene una ragione, e soprattutto fatevi apprezzare per quello che siete. Sminuire le altre vi fa solo apparire patetiche e rosicone. Uomini, il fascino di una donna che normalmente viene ritoccata vista dal vivo è come la differenza tra guardare una partita su Sky o allo stadio. Chi lo ha provato sa di quello che parlo, per cui il problema risulta essere pleonastico.
Chi pensa che questi ritocchi siano sbagliati è molto spesso chi per ingenuità crede a tutto quello che legge.

La foto qui sotto è ovviamente modificata, ma sapete una cosa? Chi se ne frega.

Il bello di esser brutti

Conviene veramente esser belli nella vita?

Ieri sera, in preda ai fumi del vapore del ferro da stiro (che vi aspettate, che le camice si stirino da sole?) stavo facendo zapping in TV, e sono finito su Italia 1, dove riproponevano un grandissimo classico della commedia all'italiana, o almeno quello che ci viene fatto credere essere la commedia all'italiana moderna, ovvero il cinepanettone: Matrimonio alle Bahamas.
Poco da dire sul film, costellato delle più buffe gag che nei primi anni 2000 hanno reso questi film il genere che tutto il mondo ci invidia. Andando in elenco potrei citare: parenti che parlano accenti stereotipati di diverse parti d'Italia, Boldi che fa la cacca con dovizia di scoregge e che non ce lo mettiamo che fa ridere un sacco, il barboncino spiaccicato, il belloccio di turno che recita manco fosse in una recita scolastica e per finire la bonazza. E qui mi fermo.
La bonazza per questo film è stata Victoria Silvstedt. Ragazzi, mani bene in vista, perché se anche voi siete della mia generazione ho paura che siano già sotto il tavolo. Per noi è la prima, unica e indimenticabile donna nuda su internet. Certo, la generazione prima di noi è stata quella Anna Nicole Smith (fortunati anche loro, seppur ancora su carta), ma quella successiva è stata la prima ad avere un accesso pressoché illimitato alle perversioni di internet. Per noi invece c'era questa dea, che incarnava in tutto e per tutto un ideale di femmina superiore, meglio noto con il nome di "cavallona".
Ora, potrei dilungarmi delle ore a parlare di VS, ma per esigenze di tempo, oltre che per decenza personale, mi limiterò ad arrivare al punto. Ovviamente dopo averla vista comparire nel film, sono andato a cercare delle immagini di come fosse adesso, nel 2015, la nostra dea. Sempre lei, sempre molto bella, ma ovviamente invecchiata rispetta gli anni d'oro. Questo mi ha fatto abbastanza tristezza, non tanto per il tempo che passa per tutti in maniera uguale, quanto più per il fatto che questa persona è come se non avesse più niente da dare al mondo. Oggettivamente, sei hai campato tutta la vita in quanto eri bella, non saranno certo le tue capacità di recitazione (praticamente inesistenti) oppure la tua personalità a mantenerti a galla in un mondo del genere. Questo pensiero si è subito interfacciato con il testo della canzone "il bello di essere brutti" di J-Ax che ho sentito quello stesso pomeriggio. Non voglio giungere a conclusioni scontate come che in fondo essere belli nella vita serve a poco, il mio pensiero è leggermente più ampio. Ho ragionato più che altro sul fatto che essere brutti ti permette di essere preso più in considerazione per quello che sei. E fin qui è ancora tutto banale. Quello che io intendo per più ampio è che probabilmente il fatto di essere belli ti costringe in una posizione in cui rischi di non essere apprezzato per quello che sei solamente perché sei bello. Quindi sei in una condizione di svantaggio. In realtà è una condizione in cui non mi sono mai trovato faccio fatica a immaginare come sia esser belli, ma mi piace fantasticare.
È giusto essere se stessi, sia che uno sia bello sia che sia brutto, ma magari essere brutti ti permette di spiccare maggiormente con la propria personalità, e quindi mettendo in risalto maggiore questa caratteristica essere maggiormente se stessi.

martedì 24 marzo 2015

Pensieri da allenamento

Riporto quello che pensavo ieri mentre mi allenavo. Un piccolo discorso motivazionale.

Di nuovo qui.
Un altro giorno. In cui quello che hai fatto ieri conta relativamente, e quello che sarai domani dipende solo da oggi. Capisci come non importa se ti senti stanco, perché devi continuare a correre. Anche quando non hai più fiato, non hai più voglia. Anche quando non hai più ossigeno nel sangue e il tuo cervello decide di spegnerti per rimanere vivo. Lo so, quello che si sente prima di svenire per ipossia. Non è bello, somiglia alla sensazione di quando sei malato e vorrei stare meglio. Vuoi che tutto questo finisca. Ma, con un ultimo pensiero di lucidità capisci che sei stato forte. Che hai più cervello che muscoli. Che hai la mente per farlo. Che sei sicuro di aver dato il 100%. Che la prossima volta darai uguale ma non starai così, allora darai di più. Più forte. Più duro. Perché se non hai dato tutto allora non hai dato niente. Perché negli anni hai capito che un campo da calcio non è lungo 100 metri, ma 90 minuti. Che non conta se picchi più forte degli altri, se poi non sei l'ultimo rimasto in piedi. Che gli altri hanno delle debolezze, ma metterle in gioco e dare il massimo è ciò che ci distingue. Perché non devi avere rimpianti. Il rimpianto di esserti tirato indietro, di aver rinunciato troppo presto, di non aver corso gli ultimi metri, di non averci provato per davvero. Di essere stato una persona che perdeva. Ripenso alla piccola persona che ero. Ripenso a come alle medie le mie compagne mi prendevano in giro, ricordo come Laura rise del mio amore, ricordo come tornavo a casa e volevo cambiare. Cambiare gli altri, ma prima me stesso. Essere più forte, più grande, più resistente.
Ho dovuto trovare dentro me stesso la forza di essere meglio di me.
Perché quando spingi sulle nocche i pugni per rialzarti da terra, fa male, ma tempra i muscoli. Fa male tutte le volte, rialzarsi. Ma va fatto.
E non ho paura delle mie debolezze. Anche il più feroce dei lupi è stato un cucciolo, ma non è la vita a renderti cattivo, è qualcosa che si sceglie. E io scelgo di essere questo.

I'm forever faster.

lunedì 23 marzo 2015

Thank God is Monday (TGIM)

Mi sono preso il weekend libero e non ho scritto, quindi?

Ho pensato che non aveva molto senso mettersi a scrivere solo perché uno deve, così, come se fossi un giornalista di professione. Sinceramente io del professionista ho molto poco, forse posso solo giudicarmi uno scemo professionista ma niente di più. La verità è che se uno non si riposa il weekend va a finire che la settimana successiva soffre. Si diventa meno produttivi, e finisce sempre che si vive una settimana intera programmando solo i weekend, quasi fossero gli unici giorni della settimana. Il problema è che ogni tanto qualche giorno in cui non si pensa a nulla serve, da prendere per sé. Riordinare le idee, fare bene le cose che vanno fatte, non sempre di corsa perché, forse, c'è qualcuno che ci aspetta, come diceva Alex Britti in Milano, una delle sue canzoni più riuscite.
Il lunedì è un giorno magico. A me piace, perché posso cominciare a mandare messaggi in giro per organizzare la settimana, anche se l'agenda è già piena per metà, ma poco importa. È una settimana tutta da scrivere, preferisco sinceramente che succedano tante cose piuttosto che ci sia del piattume e quindi vivere in attesa di un altro weekend. Per cui gambe in spalla, tanto caffè e non facciamo vedere a nessuno che in realtà pesa anche a noi il lunedì.

La settimana che va vissuta è da lunedì a venerdì, il weekend è un bonus. Su cui non bisogna fare affidamento.

venerdì 20 marzo 2015

Nessuno mi può giudicare

Si può giudicare una persona da pochi dettagli?

In realtà giudicare una persona è sbagliato in sé, quello che realmente intendevo è più simile al concetto di farsi un'idea. Oggettivamente tutti lo facciamo, anche più spesso di quanto crediamo. Ci basta incontrare qualcuno per strada. Poi c'è chi è felice di essere smentito nelle sue conclusioni, ma normalmente l'apparenza non inganna. Se è per questo nemmeno l'abito fa sempre il monaco, e tutte le generalizzazioni sono sbagliate. Pure questa.
Quello che mi viene in mente è un episodio di ieri: ero seduto a mangiare il mio pranzo tranquillamente, quando guardandomi attorno ho visto un uomo che, come me, stava mangiando da solo. Era in giacca e cravatta, si vedeva che quella mattina si era svegliato per lavorare, ma c'era un cura nel suo vestire (sua o di chi gli ha passato i vestiti) che faceva capire che spesso si vestiva così.
Lo so, sto già giudicando, ma è di questo che parliamo, no? Fatemi arrivare al punto.
Bene, questo signore, che se vi avesse fermato per strada chiedendovi una moneta, gliela avreste data sapendo che l'avrebbe usata per tirare fuori la sua Audi dal parcheggio, dato che in tasca aveva solo 50€ in banconota e non gliele cambiavano, questo stesso uomo stava mangiando la sua pizza con le mani, per di più con la bocca aperta.
Chi se ne frega, direte voi.
E che schifo, dico io.
Perché una cosa del genere fa cambiare totalmente la visione che si ha di una persona. Immagini che la camicia se la metta solo per lavorare, che in realtà odia mettersi la cravatta. Banalmente, lo immagini in un contesto sociale completamente diverso. Un piccolo dettaglio, e fa la differenza. In un qualche modo in quel gesto ha espresso la sua personalità, o sicuramente una parte. Questo non implica che sia una cattiva persona, ho che sia un cattivo padre o un pessimo lavoratore. Implica solo che in quel determinato contesto non si sappia comportare. Ma questo è un fatto, non un giudizio.
Non credo che si possa giudicare a vista qualcuno, ma a fini statistici spesso si va molto vicini alla realtà se lo si fa.

martedì 17 marzo 2015

È così e basta.

Perché non te ne fai una ragione?

Quale motivo spinge l'uomo a cercare dei significati nelle cose che succedono? In fondo, sarebbe molto più semplice se si potesse soprassedere alle cose della vita senza una spiegazione, accettando che certe volte, le cose sono così come appaiono. Punto.
Il problema vero, è che le cose sono effettivamente così. Non c'è niente nella natura, nella vita di tutti i giorni, che per accadere deve avere una spiegazione. Accade e basta. Proprio ieri sera ero fuori con un gruppo di amici, e a fine serata ne ho approfittato per parlare con una di questi mentre la riportavo a casa (che uomo d'altri tempi che sono). Mi diceva di come non si riuscisse a capacitare del fatto che il ragazzo con cui sta uscendo non si fosse presentato quella sera, assumendo la giustificazione di "sono stanco".
Io non sono certo un genio, e se c'è qualcosa che non capisco proprio per niente sono le donne, ma se mi sto vedendo con una ragazza da una settimana e lei mi chiede di uscire non ci penso due volte. Per di più considerando un aspetto lavorativo in cui non ci si può vedere tutti i giorni o comunque quando si vuole. Se non esco è perché NON VOGLIO uscire. La sua sfera di interesse è stata rivolta alla propria persona anziché ad un ottica futura di guadagnare punti relazione, spendibili in un secondo momento quando lei scoprirà la cronologia del vostro PC o quando la sveglierete uscendo dal letto per guardare il GP del Giappone di domenica mattina alle 6. Il ragazzo ha scelto sicuramente male, ma il punto non è questo. Il punto era che la mia amica non riusciva a darsi una spiegazione. Ma neanche questo è esatto. La spiegazione è palese a tutti tranne che a lei, solamente che lei è l'unica emotivamente coinvolta, motivo per cui non riesce a farsene una ragione. Lo sa, lo capisce ma non lo accetta. Nel momento in cui succederà, e ci vorrà più o meno tempo in funzione della gravità della cosa, farà le sue scelte. Un po' come chi, appena stato lasciato, dice "non mi chiama ma in realtà mi pensa, lo so". Se non ti chiama è perché non ti vuole chiamare, tesoro. La regola d'oro nelle relazioni complicate, è anche il titolo di un famoso film. La verità è che non gli piaci abbastanza.
Non è che ci vengono poste scelte difficili nel nostro percorso, solo che a volte non sappiamo accettare la scelta migliore.
Chiudo mandando un bacio a tutte le ragazze che vengono rifiutate o ignorate. So come ci si sente.

lunedì 16 marzo 2015

Oh mia bella..

Ci si può abituare alla bellezza?

Mi piace cominciare un post con qualche frase importante. Che in realtà non è quasi mai la domanda con cui comincio le mie riflessioni, ma la sintesi delle conclusioni posto in forma di titolo. In fondo, il titolo di un tema o un libro lo si mette dopo aver finito tutto, no? Almeno, io facevo così e nessuno mi ha mai detto nulla e contando che chi può puntare il ditino spesso e volentieri lo fa, specialmente le mie maestre delle elementari e medie (spero siano invecchiate malissimo, mannaggia a loro).
In ogni caso, proseguendo, creiamo un po' di contesto, per far capire anche alle persone normali (che io chiamo fortunate) cosa succede nella mia testa di tanto in tanto.
Ero in macchina, in giro come al solito, con pensieri che vagavano e la radio accesa. Una scena normale, quotidiana. Ad un certo punto mettono una canzone recente dei Coldplay, Sky Full of Stars, molto bella, che tra l'altro è stata remixata a mio parere in maniera pietosa da Hardwell. Poteva anche evitarsela questa. E via, che sto uscendo di nuovo fuori tema.
Detto questo, la suddetta canzone è usicta più o meno nel periodo in cui si cominciò a parlare della separazione tra Chris Martin (cantante e frontman dei Coldplay) e Gwyneth Paltrow (sì, lo so Word che è strano un nome di 7 lettere con una sola vocale, ma non per questo devi correggermelo, ecco, ci metto la maiuscola), anche se questa sembra proprio una canzone d'amore. Come è una canzone d'amore Fix You, anche se ha la capacità di far deprimere in maniera epica anche chi non è triste al momento, insomma, sempre di loro si parla. Una volta ho letto che è stata proprio Gwyneth (stai buono Word..) ad ispirare il testo di Fix You, e non faccio molta fatica a crederci. Sembra che questi due si siano voluti molto bene, cosa che riesce facile a credersi, avendo visto l'ultima pubblicità di Hugo Boss. Allego immagine per completezza.

Astenersi ragazze inacidite da "tanto è fotoscioppata"
anche senza photoshop è meglio di voi. Fatevene una ragione.

Una coppia perfetta, molto teneri tra l'altro. Riuscivi a sentire addirittura come lui parlasse di lei nelle canzoni, come che a dirle che le voleva bene a voce proprio no. Doveva dirlo al mondo intero.
Eppure lui si è scocciato.
Ma dico io.. Ma come fai a stancarti di una bellezza del genere? Ora, non conosco personalmente Gwyneth (se leggi qui sai dove trovarmi baby) ma oltre che una bellissima donna (non è più una ragazza) sembra anche parecchio sveglia. Oppure è una grandissima attrice. Ok, sì, lo è, ma si è capito quello che volevo dire, no? Bene.
Questo mi riporta alla domanda iniziale, ovvero, "ci si può abituare della bellezza"?
Perché se l'uomo passa la sua esistenza a cercare la bellezza e poi una bellezza universalmente riconosciuta può venire meno e non essere più ricercata allora non ho buone notizie per voi. Certo, anche lei invecchierà, sfiorirà e cambierà, ma primo non mi sembra ancora il caso, secondo non è certamente tutto la bellezza. Ma qui mi sto dando anche una risposta da solo, ma non in maniera scontata come potrebbe sembrare da fuori, cioè che la bellezza non è tutto. Ma questo è semanticamente sbagliato, perché si deve definire cosa si intende per bellezza. Ovvero che non è la bellezza estetica da cui siamo esclusivamente attratti, bensì da un insieme di cose che, non sapendo come chiamarla in altra maniera, chiamiamo bellezza. Quello sguardo, quel sorriso, quella parola, è bellezza, ma non è un'immagine. Si tratta dell'interpretazione di un'immagine. Come quando cerchi di capire cosa stesse facendo o pensando una persona ritratta in una foto.
No, non ci si può stancare della bellezza, ma ci si può certamente stufare di una persona bella. Certo che Chris.. anche te, sei proprio un fesso.


P.s. Anche stavolta ho cominciato dicendo scrivo solo una decina di righe.

domenica 15 marzo 2015

La vera storia di Mad Jack



Si possono copiare contenuti se si citano le fonti, no?
Oggi voglio parlare della storia di "Mad" Jack Mytton, un esempio x tutti di come si possa essere ricordati nonostante l'appellativo di "bislacchi":


L’elegante versatilità di

Mad Jack Mytton
(1796 - 1834)

Il Dissoluto dell’antica corte. Impassibile, cinico scostumato dal subconscio privo di leggi morali. La sua vita,tra nichilismo e tragi-commedia, fu definita “una trafila insensata di inconsapevoli tentativi di suicidio”.
Maestro ispiratore
..
LA GIOVENTU’

Ricchissimo ereditiero del Galles, fu cacciato da tutte le scuole del regno. Espulso da Westminster per aver sedato un professore tramite strangolamento. Cacciato da Harrow per aver randellato i docenti. Provarono a civilizzarlo privatamente, ma dopo aver afflitto senza sosta i tutor di beffe spietate, per pasquinata ne calpestò uno con un cavallo e fu mandato a fare il militare. Dapprima nel reggimento di Cavalleria di Yeomanry nel Nord Shropshire, da cui fu bandito per gioco d’azzardo compulsivo e frode. E poscia nel 7 Reggimento Ussari, da cui fu estromesso perchè organizzava combattimenti clandestini in cui lui stesso si confrontava, duellando a pugni con i cani. Fu allontanato anche dai Rangers di Oswestry nel 1814 perché per scommessa entrò col cavallo nel municipio per poi saltare da un balcone dentro la vetrata di un ristorante.
Riprovarono ad iscriverlo alla Cambridge University, ma fu radiato per aver portato con sé 2.000 bottiglie di Porto (a sua detta, per temperare le fatiche dello studio) e per aver ucciso uno dei migliori cavalli delle scuderie tramite l’ingestione forzata di otto bottiglie di Champagne. Destituito, rifiutato ed estromesso OVUNQUE
..
GLI ANNI DELLA MATURITA’

Senza alcun tipo di orientamento, propensione o sapere specialistico volle entrare in Parlamento, per ripicca. Si assicurò il posto foraggiando i potenziali elettori con 10 Sterline a testa (750.000 Sterline odierne) e diventò deputato a Shrewsbury. Si scocciò del dibattito politico dopo la prima presenza in Parlamento (durata storicamente 30 minuti) in cui propose di istituire un concorso sportivo per i bambini locali in cui avrebbero vinto mezza Ghinea per buttarsi giù da una collina rotolando fino a valle. Proscritto anche dalla Camera, tornò giudiziosamente alle sua ricreazioni predilette: l’esibizione scriteriata di decadenza coscienziale e lo sperpero dell’enorme patrimonio di famiglia. Acquistò 2.000 cani da caccia, nutriti esclusivamente di bistecche e Champagne, per vestirli in costume storico da Paggio durante i convivi
Coltivava la misurata inclinazione a cagionare incidenti con le carrozze. Correva per le strade di campagna in totale disprezzo per la propria sicurezza e degli altri utenti della strada ed amava moltissimo CAPPOTTARSI COL CALESSE
Un celebre aneddoto racconta che un giorno, pilotando la sua nuova carrozza con un amico, gli chiese se si fosse mai cappottato
“No”, rispose l’uomo “Grazie a Dio, non mi è mai successo”
"MA COME!" gridò indignato Mad Jack
"Sei veramente una persona noiosa”. E prontamente si gettò fuori strada in discesa ribaltandosi in parapiglia.
Addestrò un orso per farsi portare in groppa, per poterlo cavalcare durante i sontuosi veglioni nella sua dimora. Purtroppo al primo debutto l’orso si mangiò un servitore e fu abbattuto. Il nostro oculato ospite gradiva intrattenere i suoi commensali tramite la ponderata consuetudine di combattere a mani nude contro cani feroci appositamente temprati.
Si vantava di aver sconfitto un Mastino a morsi e un Bulldog a testate. In soli quindici anni riuscì a dissipare le intere proprietà di famiglia e rovinare il secolare buon nome degli antenati, ma gli ufficiali giudiziari erano troppo impauriti per rischiare di notificargli alcunchè. Nel 1831 fuggì in Francia per sfuggire ai creditori

Morì nel 1834, “Consumato da troppa sciocchezza, troppa miseria e troppa grappa”


Quello che apprezzo del personaggio è la spensieratezza. Il fatto che non si ponga grossi problemi a provare cose potenzialmente letali, probabilmente solo per la curiosità del farlo. Lui era certamente matto, ma aveva capito che non è l'atterraggio che ti fa sentire bene, ma quell'istante in cui sei in aria. La differenza tra chi domanda "perché" e chi invece chiede "perché no?".

Forse il primo vero Yes Man.

Approfitto per ringraziare Sancane di Tumblr per l'esposizione e consiglio di seguire il suo blog.

Amici in viaggio

Mi è sempre stato detto che gli amici nella vita sono come compagni di viaggio.

Sinceramente quando me lo dissero la prima volta ammetto di essere rimasto perplesso, penso addirittura di aver ruotato leggermente la testa verso un fianco come fanno i cani quando non capiscono. Molto semplicemente perché non avevo ancora esperienza. Cosa posso dire in merito ora, che ho passato fasi diverse della vita? Che un po' è vero. Ok, ammetto di scriverlo anche per liberarmi in parte la coscienza per recenti avvenimenti, ma va anche detto che nel cinismo una parte di verità c'è. Fa parte della natura mutevole dell'uomo evolversi, e quindi cambiare. Ed è anche normale che in questa evoluzione ci sia un momento in cui determinati interessi comuni possono venire meno. Così finiscono le storie d'amore, oppure le amicizie, poco cambia. A un certo punto ci si guarda e si pensa "ma se ci incontrassimo ora non saremmo così amici". Significa che ci si è evoluti a velocità diverse, e quindi, come quel compagno di viaggio durante il mitico viaggio della maturità, come il primo coinquilino con cui hai condiviso momenti di pura ilarità etilica in più di una serata, ti vai a sentire sempre meno. Perché ci eravamo tanto amati è scritto al passato, un tempo in cui non vive nessuno. Quindi si va avanti, anche se a volte dispiace per come è andata, perché in fondo si stava bene. Perché il fatto di essere stati circondati da persone speciali non implica certo che non se ne possano trovare altre durante il prossimo viaggio.
Per questo bisogna continuare a viaggiare nella vita.

Nella bocca del leone

Cosa significa mettere la testa nella bocca del leone ?
Io ho sempre pensato che fosse un modo di dire per esprimere una condizione in cui sembra che uno se la va da a cercare, ma in realtà non corre quasi nessun rischio. Spettacolare però. Ieri mi è capitata una esperienza proprio come questa, anzi che avevo definito proprio così. La sensazione che si prova però a correre un rischio controllato è  (qui immagino) lo stessa che prova un domatore intento a mettere la sua pelosa testa tra le fauci della fiera. Da fuori sembra chissà che cosa, ma mentre sei lì non è certo il posto più comodo del mondo, è umido e ti fa sentire un po' sporco. Sai che da un momento all'altro la belva potrebbe mettere fine a tutte le tue sofferenze terrene, stritolando tutto ciò che avessi mai visto, amato o sognato, ma sai anche che questo non succederà. E allora perdi tutto il gusto. Finito il numero avrai il plauso della folla, ma ti sarà passata la voglia di farlo. Perché quello che hai provato mentre lo facevi, che è la cosa più importante, non ti ha detto nulla.
Sai che non lo rifarai. Magari passerà del tempo, e ti tornerà voglia, ma saprai già come andrà e avrai ancora meno gusto nel farlo. I domatori lo fanno solo perché ci vivono, e tutti dobbiamo fare cose controvoglia per guadagnare due soldi.
Non è il rischio che viene a mancare, è che non ne vedi il senso. E le cose senza senso non sono fatte per durare.

Dicevamo?

Ok, lo ammetto che non vedevo l'ora di cominciare a scrivere. Non perché abbia molte persone che leggano quello che scriverò, anzi, quasi tutti saranno avvisati della cosa da me medesimo, quanto più il fatto di aver qualcosa da dire. Ovviamente molte cose sono riflessioni personali, ma l'esperienza mi ha insegnato che se in passato hai avuto un problema e decidi di condividere la tua esperienza, puoi dare del bene anche agli altri, non solo a te stesso. Possono infatti imparare da te, nel bene e nel male, quindi se andare incontro a un triste destino consapevole oppure.. sinceramente non lo so, non mi è mai andata fatta bene in queste cose, mi basta la consapevolezza. Perché sono una persona semplice. Incredibilmente contorta e varia, ma semplice. 

L'autore si scusa terribilmente della pausa di cui voi non vi siete accorti, in quanto si potrebbe notare una discontinuità tra quello che c'è prima e quello che seguirà. Ma vabè.

Trovo che sia molto bello poter esternare le proprie idee al mondo intero, in maniera da creare uno scambio di opinioni che siano costruttive per tutti. la realtà è che al primo commento acido che riceverò, probabilmente entro oggi pomeriggio (ma forse son ottimista sul fatto che qualcuno legga qui), mi demoralizzerò e abbandonerò la missione. Naa, non è vero, ho troppa stima di me stesso per ascoltare gli altri. 
Il problema è che avevo già provato ad esprimere le mie idee su Twitter, ma in 160 caratteri puoi essere solo molto criptico o molto arrabbiato. Oppure retwittare, la maniera ancora più da pantofolaio per chi non ha voglia di creare contenuti proprio o di fare come chi al bar si limita a dire da dietro "sono d'accordo", senza che lo si veda in faccia. In fondo Twitter è come se fosse un grande bar, in cui beviamo tutti un chinotto o un fernet, ogni tanto entra uno sportivo o una celebrità che dice qualche frase fatta e noi ci azzuffiamo per settimane sull'argomento. Che poi si potrebbe parlare per ore della voglia di esibizionismo la quale spinge molti a far vedere quanto è bella la loro vita, come se avere la conferma della cosa la rendesse più chiara pure a loro. Se sono in una bellissima spiaggia a godermi il mare tropicale in un giorno in cui a Milano ci sono 8 gradi e piove, che bisogno ho di farlo sapere al mondo? Eh, fatti anche un po' gli affari tuoi.
Sono totalmente uscito fuori tema.
Ma si può uscire fuori tema da uno stream of consciousness (unico ricordo di circa un mese di James Joyce che ho fatto in letteratura inglese al liceo)? Le idee ribollono e ogni tanto mi aggrappo ad un filone che mi sembra interessante, così va a finire che scrivo una pagina e non ho spiegato nulla di quello che volevo dire. Che fallito. Insomma, stavo dicendo, questo Twitter mi ha deluso e amareggiato. Ultimamente lo uso solamente per vedere che fanno gli altri, oltre che per vedere l'account @youhadonejob che fa vedere cosa può succedere se proprio non hai voglia di fare quello che dovresti. Consigliatissimo. Ma per scrivere è diventato inutile. Se vuoi spiegare qualcosa a qualcuno i 160 caratteri non bastano, a meno che non devi dire ad una celebrità a caso che la vai a prendere sotto casa e le spacchi quel brutto muso (Mike Tyson sto parlando con te), per cui basta. Siamo qua perché certe cose vanno spiegate. Perché certe cagate vanno lette e certi pensieri vanno condivisi per essere smentiti. Con un limite di decenza flessibile ma presente.
Ghi.

Tutto può succedere (siete stati avvisati)

E insomma, eccoci qui. Era un po' che ci pensavo, in molti me lo avevano suggerito, e finalmente mi son deciso a farlo. Sì, lo so che non bisognerebbe mettere la "e" dopo una virgola, ma mi concedo questa licenza poetica. A dir la verità, se in questo blog ho intenzione di riversare tutta la mia ordinaria follia, ci saranno moltissime licenze poetiche, al limite che qualche linguista potrebbe inseguirmi con una picca con l'intento di piantarci la mia testa.
Insomma, siamo qua.
D'ora in poi tutto può succedere.

P.s. ogni riferimento a fatti persone o cose non sarà puramente casuale, ma cercherò di rendere la cosa più impersonale possibile.