In questi giorni, in cui come molti di voi ormai sanno oltre ogni grado di sfinimento, ho avuto molto tempo per me.
Questo mi ha permesso di fare alcune cose che rimandato da tempo, alcune delle quali realmente desideravo di fare. Mi ero infatti procurato circa un mesetto fa una copia de "Il Barone Rampante" di Calvino, libro che avevo già letto ai tempi del liceo, ma allora avevo detestato. Vuoi per il fatto che non lo avevo letto con attenzione, vuoi perché questa disattenzione si era materializzata in un solido 4 nella recensione del libro, non ne portavo un gran ricordo. Ma si sà, il tempo porta consiglio, così, seguendo una buona idea che mi venne tempo fa, sto rileggendo con molta più calma e attenzione tutti i libri già letti. Il risultato ha dell'incredibile: mi trovo infatti ad adorare libri che non avevo capito per niente, e tuttora non ho ancora trovato un libro che non mi sia piaciuto. Questo mi fa anche capire perché certi testi si facciano leggere nelle scuole. Certo, magari a quell'età non si capisce, e soprattutto obbligare alla lettura è sbagliato.
Insomma, facendo buio alle 5, e dovendo aspettare fino alle 8 per la cena, e poi dopo cena, in un paio di giorni ho finito questo bellissimo libro. Per chi non conoscesse la storia, narra del Barone Cosimo di Rondò, che, per dispetto, a dodici anni decise di salire sugli alberi, e ci visse tutta la vita senza mai mettere più piede a terra. Certamente un personaggio interessante e originale, in cui è facile immedesimarsi. La tenacia delle proprie idee, la risolutezza delle proprie opinioni e dei propri obiettivi penso ci accomunino, anche solo l'idea che siano così. Il pensiero che presa una decisione, seppur tra mille difficoltà, questa rimanga siffatta in eterno, senza mai venir mutata. L'autore si scusa del lessico utilizzato, ma gli piaceva molto come era scritto il libro e sostiene che parlare così gli "dia un tono". Creativo. C'è un po' di Cosimo di Rondò in tutti noi, o almeno tutti vorremmo essere un po' come lui. Perché tra avventure, amori trovati e perduti e storie che hanno dell'incredibile, la vita del barone non ha niente da invidiare a quella di una persona che ha vissuto coi piedi a terra. Mi è piaciuto molto anche come nel libro, la stranezza di una vita sugli alberi, di cui non ci si riesce a capacitare mai, diventi sempre meno importante, fino alla mondanità: da capriccio diventa un'affermazione personale, poi una peculiarità, fino a diventare un vezzo. Quasi come un modo di acconciare i capelli. È la morale della gente, flessibile e capace di abituarsi a tutto, anche alle scelte illogiche.
Forse la morale del libro è proprio questa. Più della solitudine dell'intellettuale, che trova più compagni di viaggio che di vita, il libro vuole farci capire come non importi più di tanto l'immagine che si dà alla gente, perché ci si abitua a tutto, le epoche passano e i tempi, come i costumi, cambiano. Ciò che conta è la confidenza che poniamo in noi stessi, e nelle nostre scelte. Cosimo di Rondò è stato tante cose, ma mai si potrà dire che non fosse una persona risoluta.
Visse sugli alberi, amò sempre la terra, volo in cielo.
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