Finalmente è venerdì.
Oh, un’altra settimana particolarmente dura volge finalmente
al termine. Non che il weekend che mi aspetta sia particolarmente roseo, ma
intanto avrò tempo da dedicare alle cose che voglio. Riposarmi, in una parola
sola. Tralasciando l’impegno fissato per le 14 di domenica, per il quale
probabilmente non parlerò più con nessuno per un po’ di giorni stanotte ho pure sognato di parlarci, con
Valentino, non ho grandissimi piani su cosa fare. So solo che oggi sarà una
giornata più lunga del previsto, dato che devo far fare una prova di un
dispositivo, quindi anziché riuscire ad essere sparato fuori dal lavoro alle 16
come un proiettile, probabilmente mi toccherà andare avanti ad oltranza fino a
che non sarà tutto finito.
Parlando però dei lavori che si fanno durante il weekend,
devo ammettere che per alcune cose ho già cominciato, ad esempio sistemare il
blog. L’intenzione, come già detto, è quella di fare una raccolta con tutti i post, ma la cosa è più semplice a dirsi che a
farsi. Questo, come ogni volta, mi permette, non senza una certa introspezione, di riguardare tutti i post che
ho prodotto fino ad ora, rileggendone alcuni. Ho già parlato di come mi capiti
di stupirmi delle cose che io stesso ho scritto, ma stavolta è stato diverso.
Mentre ho già parlato, anche in vari post, di perdere le parole, o non sapere cosa dire, oggi voglio parlare di
quando sai perfettamente cosa dire, ma era meglio se stavi zitto. Perché certe
cose vengono lette e interpretate da gente che magari non conosce, o, peggio
ancora, si fa più bella figura a non dirle, certe
cose.
È doloroso, il momento in cui vorresti dire qualcosa ma sai
che non puoi, come un messaggio a cui non sai come rispondere, anche se hai perfettamente
chiara la tua posizione in merito. Allora perché non rispondere? Perché non
palesare la propria opinione, in modo che chi ci sta di fronte sappia come la
pensiamo. Perché non siamo soli. Con questo voglio riallacciarmi al post di
ieri, infatti se notate c’è un filo conduttore tra i due argomenti, dicendo che
a volte, anziché proteggere noi stessi dicendo quello che pensiamo, è meglio
proteggere gli altri DA quello che pensiamo. Non voglio arrivare all'estremo di
chi sostiene che facendosi i fatti propri
si campi cent’anni, perché non condivido questo pensiero. Intendo solamente
che può succedere, certe volte, che un silenzio sia la risposta migliore. Non
quella ad effetto, non quella che spiega tante cose (anche se un silenzio può
voler dire molto), ma la cosiddetta meno
peggio. Pure Paul Simon e Art Garfunkel che il dizionario di Word mi continua a correggere con "Gargamella" hanno fatto una canzone su questo, che dà il titolo a questo post.
Voglio concludere con un piccolo monito, che va bene sia nelle situazioni particolari che nella vita di tutti i giorni, ovvero quello di non giudicare mai le persone.
Perché non si sa mai cosa stanno passando.
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