venerdì 6 novembre 2015

The sound of silence

Finalmente è venerdì.
Oh, un’altra settimana particolarmente dura volge finalmente al termine. Non che il weekend che mi aspetta sia particolarmente roseo, ma intanto avrò tempo da dedicare alle cose che voglio. Riposarmi, in una parola sola. Tralasciando l’impegno fissato per le 14 di domenica, per il quale probabilmente non parlerò più con nessuno per un po’ di giorni stanotte ho pure sognato di parlarci, con Valentino, non ho grandissimi piani su cosa fare. So solo che oggi sarà una giornata più lunga del previsto, dato che devo far fare una prova di un dispositivo, quindi anziché riuscire ad essere sparato fuori dal lavoro alle 16 come un proiettile, probabilmente mi toccherà andare avanti ad oltranza fino a che non sarà tutto finito.
Parlando però dei lavori che si fanno durante il weekend, devo ammettere che per alcune cose ho già cominciato, ad esempio sistemare il blog. L’intenzione, come già detto, è quella di fare  una raccolta con tutti i post, ma la cosa è più semplice a dirsi che a farsi. Questo, come ogni volta, mi permette, non senza una certa introspezione, di riguardare tutti i post che ho prodotto fino ad ora, rileggendone alcuni. Ho già parlato di come mi capiti di stupirmi delle cose che io stesso ho scritto, ma stavolta è stato diverso. Mentre ho già parlato, anche in vari post, di perdere le parole, o non sapere cosa dire, oggi voglio parlare di quando sai perfettamente cosa dire, ma era meglio se stavi zitto. Perché certe cose vengono lette e interpretate da gente che magari non conosce, o, peggio ancora, si fa più bella figura a non dirle, certe cose.
È doloroso, il momento in cui vorresti dire qualcosa ma sai che non puoi, come un messaggio a cui non sai come rispondere, anche se hai perfettamente chiara la tua posizione in merito. Allora perché non rispondere? Perché non palesare la propria opinione, in modo che chi ci sta di fronte sappia come la pensiamo. Perché non siamo soli. Con questo voglio riallacciarmi al post di ieri, infatti se notate c’è un filo conduttore tra i due argomenti, dicendo che a volte, anziché proteggere noi stessi dicendo quello che pensiamo, è meglio proteggere gli altri DA quello che pensiamo. Non voglio arrivare all'estremo di chi sostiene che facendosi i fatti propri si campi cent’anni, perché non condivido questo pensiero. Intendo solamente che può succedere, certe volte, che un silenzio sia la risposta migliore. Non quella ad effetto, non quella che spiega tante cose (anche se un silenzio può voler dire molto), ma la cosiddetta meno peggio. Pure Paul Simon e Art Garfunkel che il dizionario di Word mi continua a correggere con "Gargamella" hanno fatto una canzone su questo, che dà il titolo a questo post.
Voglio concludere con un piccolo monito, che va bene sia nelle situazioni particolari che nella vita di tutti i giorni, ovvero quello di non giudicare mai le persone.
Perché non si sa mai cosa stanno passando.

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