domenica 29 novembre 2015

Senza parole

Lo so, sono un somaro.

Non occorre che me lo diciate nei commenti, nei messaggi o a voce, per chi ha la fortuna/sfortuna di poterlo dire guardandomi in faccia. Non ho scritto per più di una settimana, ma avevo le mie motivazioni. Mettiamoci anche che, rileggendo vecchi scritti di più di un anno fa, mi sono reso conto che all'epoca scrivevo molto meglio, per di più di cose molto più interessanti. Così mi è venuto il cosiddetto blocco dello scrittore. Non avevo molto da dire. O almeno, ero stufo di dire sempre le stesse cose. Se si mangiano tutti i giorni gli stessi cereali a colazione, per quanto buoni che siano, ogni tanto viene voglia di cambiare, di prendersi una pausa. Non avevo voglia di continuare ad apparire in pubblico raggiante, la miglior versione di me stesso, per poi essere, nel lato più intimo, triste. Chi mi conosce non se ne capacitava, a tal punto di non capire dove stesse la finzione, se nella gioia o nel dolore.
La verità è presto detta. Recentemente ho dovuto affrontare la fine una relazione sentimentale che non è andata come avrei sperato. Non voglio spiegare il come o il perché, anche perché, ad essere sincero, non l'ho capito bene neppure io. Ma la cosa ha colpito nel profondo, quindi questo spero basti per giustificare gli ultimi interventi molto cupi. Ma allora dove sta tutto l'ottimismo che tanto predico? Dove si trova la forza che ognuno di noi ha dentro per andare avanti, fronteggiando qualsiasi avversità di cui parlo nei miei interventi? Pensavo di avere perso queste cose. Ho pensato anche che se le cose belle succedono alle persone buone, allora io non ero una persona buona. Avevo perso la speranza, mi sono lasciato andare nello sconforto.
Poi mi sono accorto di una cosa. Che non potevo stare nel silenzio. Perché la voce è la mia arma, che come una spada sguainata può difendere tutti quelli che hanno bisogno, me compreso, di essere rassicurati, confortati, protetti. Dovevo fare un passo avanti io, per primo, e dire che non può piovere per sempre. Che, citando un famoso pilota di moto, bisogna "smettere di piangere, oppure smettere di correre". Le due cose assieme non si possono fare. Non si può vivere la propria vita per intero se la testa è ancora altrove, se il nostro pensiero è ancora rivolto a qualcuno o qualcosa che non è di interesse per noi. Questo è vivere la vita in maniera passiva, e non voglio, ne non voglio per chi legge, lasciare scivolare tra le dita come sabbia ogni singola esperienza che ci viene offerta. Voglio vivere con l'entusiasmo di chi si stupisce ancora dell'arcobaleno, di chi sorride vedendo un bambino, di quelli per cui una porta chiusa è solo un invito a definirsi in altro modo.
Oggi, in questo martedì soleggiato, primo giorno di dicembre, non lascio che niente mi abbatta. Sono troppo forte perché qualcosa mi scalfisca, e il sole davanti a me è troppo grande e bello perché possa dedicare il mio tempo a commiserare i miei errori. Ci sono così tante cose che non so, che voglio scoprire, cose più grandi di me che mi aspettano sotto questo cielo, sotto quel sole. Che il mondo e i suoi problemi diventano molto più piccoli se solo sali in cima ad un albero.
Che va bene così.
Senza parole.

Ndr. L'autore non è veramente salito su di un albero, anche se promette che farà qualcosa di molto stupido prossimamente, che verrà descritto in maniera ampia e dettagliata su questo blog.

lunedì 23 novembre 2015

La dura vita del blogger

Oggi è un lunedì di novembre.
Lo so che la frase sembra scontata, però se ci fate caso, col meteo che c'è stato fino ad adesso, non era ancora capitato un giorno così. L'estate si era prolungata fino a questo weekend, quando finalmente, eccezione fatta per me che continuo a tenere i termosifoni spenti quindi soffro un po' la cosa, ha cominciato a fare freddo. Fuori ci sono 4 gradi, il tempo qua è molto grigio, e si sente qualcuno venire da fuori città, o dalle montagne, dicendo che sta nevicando. Manca un mese a Natale, tutti i negozi hanno già le decorazioni fuori, ma non si sente ancora minimamente quello spirito natalizio che negli anni avvenire che significa passati, vero? contraddistinto il mese di dicembre. È una di quelle tipiche giornate uggiose in cui non succede mai niente, e a causa della pioggia caduta, lavora molto di più l'ESP della mia macchina rispetto al mio cervello in effetti, magari dovrei far ragionare di più il mio cervello e prendere le curve leggermente più piano e non tutte di traverso, ma almeno non mi annoio per cui non mi stupisco quando mi succede di soffermarmi tanto su un pensiero semplice. Magari anche inutile, come ad esempio stupirmi del fatto che la targa davanti di una macchina sia considerevolmente più piccola di quella di dietro. Cioè, ci avevate mai fatto caso? Non so se avete mai staccato due targhe ok non voglio cominciare questo discorso anche con voi, per cui taglierò corto e passerò direttamente al punto.
Tutto questo mi fa pensare a tante cose, e i pensieri spesso si ingigantiscono. Ieri ho avuto la fortuna, anche se per certi versi può essere considerato una sfortuna, di parlare con una persona che mi conosce abbastanza bene, la quale ha cominciato a criticare il mio operato nel blog. Già qui si vede la fallacità del suo intervento, dato che questo blog è universalmente riconosciuto come saggio e veritiero, però devo dire che ha toccato un nervo scoperto, che non era mai entrato in contatto con niente. Aprendo un blog sapevo che prima o poi, per esperienze di altri blogger che avevo sentito, qualcuno mi avrebbe fatto notare tramite commenti qualcosa che non piace. Questo può succedere per un fraintendimento, oppure per una diversità di pensiero del lettore rispetto all'autore del post. Ma sta di fatto che molto spesso quando questo succede, l'autore del post ci può rimanere male, e questo è anche uno dei motivi per cui i blogger notoriamente sono molto egocentrici, si interessano poco di quello che dicono gli altri, a tal punto da non prendere in considerazione i commenti negativi che gli arrivano. Io non sono per niente egocentrico invece.
Alla fine, altrimenti, che senso avrebbe scrivere in pubblico se non è per comunicare qualcosa? È molto importante ricevere un feedback dalle persone che leggono, per questo a chiunque mi parli di questa pagina suggerisco sempre di lasciare commenti, di lasciare un parere, in maniera tale che anch'io possa imparare dell'esperienza altrui, non solo i lettori dalle mie incredibili disavventure. Voglio solamente dire che aver ricevuto quel commento lì, mi ha fatto capire tante cose. Mi ha dato più spunti su come scrivere, cercando di capire tutti i punti di vista. Se l'avessi semplicemente ignorato, avrei continuato a scrivere nel solito modo, e invece oggi, quando mi sono messo a dettare questo post, l'ho iniziato con uno spirito completamente diverso. Anche se non mi stancherò mai di dirlo, è molto importante ascoltare gli altri e quello che ci possono dire. Soprattutto quelli che dicono qualcosa di diverso da ciò che pensiamo.
Adesso però vado, perché ha smesso di piovere e voglio andare a fare delle sgommate con la macchina prima che si asciughi l'asfalto.

mercoledì 18 novembre 2015

Questione di naso

Oggi voglio parlare di qualcosa che non si può esprimere.
Ah, quanto adoro mettermi nei guai già dall'inizio del post con frasi come questa. Sì, perché è un po' che mi passa l'idea di scrivere di questo e penso sia arrivato il momento di farlo. Oggi voglio parlare degli odori. Ovviamente capite perfettamente che è un qualcosa di irriproducibile, un odore, e quindi non può essere simulato in nessuna maniera produzioni industriali escluse. Molto spesso ci capita di sentire odori unici, odori che immediatamente colleghiamo a persone, cose o esperienze. Non necessariamente sono denotate in maniera positiva, ovviamente, una puzza ci può far venire in mente vecchi ricordi di cose disgustose ad esempio, ma per quanto ci si sforzi, è un qualcosa che è praticamente impossibile descrivere, anche con le parole. Si possono fare solo delle similitudini con qualcosa di noto, ma neanche così ci si avvicina alla grandezza e l'impatto sensoriale che ha un profumo.
Nella mia vita passata, vista questa attenzione agli odori, devo essere stato un cane ovviamente un bravo cane, di quelli grandi e un po' stupidi, perché nel momento in cui sento un odore non me lo dimentico più. A tal punto che collego gli odori e i profumi alle persone. Capita quindi che incroci mentre passeggio, esempio puramente casuale, qualche bella ragazza il cui profumo è lo stesso utilizzato da qualche mia conoscenza ovviamente femminile. Questo rievoca in me ricordi, sensazioni visive e tattili provate in compagnia di questa persona, insomma, profumo piacevole vuol dire spesso piacevole ricordo. Ora non vi sto a dire che se mi metteste in una stanza, bendato, con tutte le mie ex le saprei riconoscere dal profumo, anche perché io bendato in una stanza con le mie ex finirebbe che verrei randellato nel giro di pochi secondi dopo aver varcato la porta, ma che ogni profumo è unico. Unicamente indescrivibile. È bello che ci sia qualcosa di così semplice legato a così tante sensazioni, eppure l'olfatto è il più trascurato dei 5 sensi. Se ci pensiamo, rispetto vista/udito/tatto/gusto è quello di cui, dovendo proprio scegliere, si può fare anche a meno. Eppure l'olfatto ci regala sensazioni, emozioni e momenti che non possono essere descritti in nessun altra maniera. Un po' come cercare di spiegare la sensazione di toccare qualcosa di caldo senza il tatto.
L'olfatto ti regala il ricordo, passando di fianco ad una perfetta sconosciuta, di qualcosa di bello.

Martini, gin e ricordi

A volte fa bene guardare le cose da una nuova prospettiva, anche se siamo noi stessi a raccontarla.

Ieri sera ho avuto la fortuna di poter rincontrare una mia vecchia amica, che, paradossalmente anche se vive nella mia stessa città, non vedevo da più di un anno. È stata un'occasione per incontrarsi con una persona con cui in passato durante l'università avevo avuto grande confidenza, per cui ha voluto sapere tutto di me, e di come avessi passato quest'ultimo anno anno. La cosa bella della serata, oltre al posto molto trendy meneghino dove siamo andati a berci un Martini da bravo viveur devo conoscere i posti três chic, è stato il fatto che ho potuto raccontare, dando peso a ciò che ne ha, a che cosa sia successo in questi ultimi 12 mesi vissuti in fretta e furia, passati veramente in un lampo.
Ho avuto modo di ripercorrere le mie gesta leggendarie, delle quali vado fiero, ovviamente non di tutte, il che è qualcosa che aiuta sempre a fare il punto della situazione. Ultimamente, come si può notare dai post sul blog, non sono stato troppo allegro ma dai?. Eppure ieri sera, quando sono tornato a casa, ero molto contento. Questo è facilmente spiegato dal fatto che, guardando la ricapitolazione di quello che è successo negli ultimi 12 mesi, ho vissuto, sperimentato, amato, ma sempre con la caratteristica fondamentale, ovvero essere fedele a me stesso. Non ho nulla da recriminare di tutto quello che sia successo, e certi episodi sono stati talmente belli da raccontare che mi hanno fatto tornare il buonumore. Abbiamo riso per ore delle mie conquiste improbabili, di situazioni imbarazzanti in cui mi sono trovato, uscendone generando ancora più imbarazzo, del mio scarso spirito di autocoservazione e ci siamo divertiti come matti per tutta la sera coi miei racconti che è sempre meglio non divulgare troppo. Il ricordo che porterò di questa sera, la cosa bella è stato confrontare tutto questo con una persona che mi ha conosciuto quasi 10 anni fa, quindi che può apprezzare il mio cambiamento. Da timido ragazzo che pensava solo all'università a qualcuno che ha fatto del mondo e quindi della gente che ci vive la sua casa. Abbiamo ripensato a quando eravamo ragazzi, appena usciti dal liceo, e di come le nostre convinzioni e priorità fossero frutto solo di quello che avevamo sentito dire, mentre ora sono dettate dall'esperienza.
Anche se mi lamento delle mie quotidiane miserie, devo considerarmi un privilegiato. La vita è qualcosa di meraviglioso, e solo alle persone disponibili capitano cose incredibili. L'anno non è ancora finito, ma l'idea di cominciare a tirare le somme è abbastanza interessante.
Quest'anno è stato qualcosa di fantastico, per cui non mi pento di dire che rifarei volentieri tutto da capo. Cose belle, brutte, situazioni imbarazzanti soprattutto. Ma invece di vivere nel passato mi piace anche l'idea di continuare dal punto dove sono. Perché la storia più divertente che vi posso raccontare è sempre la prossima.

martedì 17 novembre 2015

Non sei di nessun aiuto

Ultimamente ho un sacco di tempo per meditare.
Sarà che ho molto più tempo libero, oltre che non c'è nessuno a casa ad aspettarmi quando torno, che, diciamocelo, formano assieme un'accopiata diabolicamente micidiale. Anche l'altra sera, tornando a casa, delle due strade possibili, ho scelto quella con più coda. Tanto non ho nulla da fare, mi sono detto. Così, come anticipato, penso. Oggi voglio condividere il pensiero riguardante l'aiuto che noi, esseri fallaci inadatti a giudicare, possiamo fornire ai nostri simili. Perché la domanda sulla motivazione per cui farlo è sempre non così scontata.
Perché aiutiamo gli altri?
Lo facciamo per un tornaconto personale, perché vogliamo farli raggiungere risultati autonomamente irraggiungibili oppure lo facciamo per noi? Penso che queste tre possibilità possano categorizzare i tipi di aiuti che si possono fornire, per cui scendiamo più a fondo, nel dettaglio.
Il primo tipo è un aiuto che non sempre è falso, ma si tende a pensare che lo sia. Può arrivare dalle persone che non ci conoscono bene, e segue l'antica regola del baratto. Lo faccio perché tu l'hai fatto, o lo farai per me. Non c'è nulla di male, spesso è una forma di gratitudine, anche se, come molte cose buone di dubbia provenienza, finisce per essere solo una moneta di scambio. Non è un qualcosa di cattivo di per sè, solamente non deve diventare l'abitudine. Un aiuto disinteressato, infatti, è sempre molto più apprezzato e sincero di quanto possa essere un tornaconto personale.
La seconda interpretazione è la più umana. È tipica delle persone che credono negli altri, ma avendo una visione realistica del mondo, si conosce la limitatezza delle persone. Si cerca quindi di aiutare qualcuno che da solo non ce la fa, ma non perché sia stupido o altro, bensì perché come ben sappiamo, molto spesso uno più uno fa più di due. Poter essere aiutati, sopportati e supportati da qualcuno rende più leggero il nostro viaggio, più piacevoli le nostre fatiche, più condivisibili i nostri timori.
La terza interpretazione, è quella che personalmente apprezzo di più. È quella in cui si aiuta qualcuno per aiutare se stessi. L'importanza di sentirsi utili viene troppo spesso trascurata, ed è parte integrante della nostra vita. Aiutare gli altri ci fa stare meglio, anche se noi stessi non siamo perfetti, proprio perché in un mondo di malati ci si cerca di curare a vicenda, aiutandosi per quel poco che si può. Aiutarti mi fa sentire una persona migliore, mi fa sperare meglio per me stesso. Mi fa sentire utile, e quindi ancora vivo. L'importante in questa pratica, è di non fare pesare i propri pensieri sugli altri, perché altrimenti non c'è il vero disinteresse e si finisce per tediare gli altri con i propri problemi. Questo riporterebbe la terza categoria nella prima.
Fortunatamente questa categorizzazione non fa al caso mio, perché normalmente non sono di nessun aiuto. Anzi, normalmente sono d'intralcio e faccio perdere tempo alla gente dicendo cose stupide, ma che almeno li fa ridere. Forse anche questo è un modo di aiutare le persone, distraendoli dalle loro quotidiane faccende, ma certamente non lo faccio apposta.
Perché, di qualsiasi categoria si stia parlando, quello che è importante nell'aiutare gli altri è la spontaneità.

mercoledì 11 novembre 2015

Snoopy & friends

Stamattina mi sono svegliato contento.

Lo so che lo dico come se fosse una cosa straordinaria, quando in realtà capita abbastanza spesso. La verità è che da quando ho impostato la radiosveglia, la mattina, mi sveglio sempre ascoltando la musica. Questa mattina ho avuto la fortuna di ascoltare uno dei miei pezzi del momento, di Meghan Trainor, ovvero I Feel Better When I'm Dancing. Mi piace molto questa canzone, perché è molto allegra e trasmette un sacco di gioia, oltre per il fatto che è stata scelta come colonna sonora del nuovo film dei Peanuts con Snoopy. Sono però molto combattuto se andare a vedere il film oppure no, perché vedere sotto forma di animazione quello che abbiamo sempre immaginato in quattro vignette potrebbe lasciarmi deluso. Preferisco continuare ad immaginare i movimenti dei personaggi, ognuno con la propria voce, che anche se non ho mai sentito, ho bene in testa. 
Mi sono sempre immedesimato molto in Snoopy, il che spiega anche perché sul logo del blog ci sia il Brachetto più famoso del mondo. La sua capacità di mutare forma, di interpretare diverse parti in funzione di quello che gli succede è straordinaria. Riesce a fuggire dalla monotonia dei suoi giorni da cane trasformandosi ogni volta in un personaggio diverso. E tanti di questi personaggi li sento vicini a me, come ad esempio il grande bracchetto quando ero rappresentante degli studenti, l'asso della prima guerra mondiale quando gioco a Battlefield, lo scrittore ovviamente o anche solo la sua semplice capacità di innamorarsi di qualcuno perché magari ha delle "zampine morbidissime".
Snoopy cerca di trasmettere gioia, la sua gioia, al mondo. Non possiede le risposte per i problemi della gente, al gruppo di persone, di amici che gli stanno vicini e poco lo capisco. Ma non si perde d'animo, e continua a vivere in un mondo suo, dove la realtà è solo la pista di decollo dell'immaginazione. 
Mi è sempre piaciuto questo paragone con il bracchetto, anche se va detto che lui non dice mai una parola, mentre io non chiudo mai la bocca. Essere come Snoopy significa essere dei sognatori, che non ci si lascia abbattere dalle delusioni quotidiane. Significa ballare anche quando non c'è la musica, significa sognare in grande.
Sì, mi sento meglio quando ballo.

P.s. Ascoltatela anche voi oggi questa canzone ;)

lunedì 9 novembre 2015

Lettera ad un amico

Oggi voglio parlare della grafoterapia.

Ammetto di pensare di essermi inventato questo termine, ma cercandolo online ho scoperto che la Grafoterapia esiste veramente ed è "l'utilizzo della scrittura per la riabilitazione della persona". Dato che era esattamente quello di cui intendevo parlare, sono molto contento di avere scoperto da solo qualcosa di universalmente riconosciuto. Un po' come Cristoforo Colombo.
Come molti di voi sapranno, scrivere è una mia grande passione. Al di là del mio innato narcisismo e del piacere che mi provoca sapere che altre persone sono interessate a leggere questi documenti, va considerata anche l'attività terapeutica rappresentata dal mettere nero su bianco i propri pensieri. Certe volte infatti si ha l'impressione di non riuscire ad esprimere a pieno quello che si sta pensando con le parole, ma nella scrittura il processo di estrazione dei periodi è più lento. Questo permette alla mente di elaborare in maniera più ampia il concetto che si vuole esprimere per poi metterlo, delle tante, nella forma migliore. Come se non bastasse, salvo nei temi di italiano che facevo al liceo che facevano schifo come i miei voti, se si fa un errore, o si vuole esprimere il tutto in una maniera diversa, tutto è concesso fino a che non si decide di farlo leggere. Anche per questo molte persone scrivono ma non fanno leggere niente a nessuno, perché rappresenta una parte di loro estremamente intima e privata, come una finestra che mostra il loro Io più vero. E non tutti sono disposti a mostrarlo.
Ogni volta che ho un problema, che ho qualcosa per la testa, qualcosa che rimane fisso nei miei pensieri per giorni, mi metto a scrivere. In queste ultime settimane ho scritto tantissimo, ma voi non ne saprete mai nulla, perché è roba che non si può pubblicare così, gratuitamente. Trattasi di lettere a me stesso, di quello che vorrei sentirmi dire, come di rassicurazioni o di lettere che non spedirò mai. E il semplice fatto di averle prodotte mi ha fatto stare meglio. Perché, anche se non amo molto questa espressione, sfogarsi fa bene. Chi ci capisce meglio di noi stessi, e di chi abbiamo fiducia se non noi in primis? Rileggevo ieri uno dei pezzi che ho fatto in questi giorni e mi sono stupito di quanto mi fosse utile sentire quelle parole. Come se un amico mi prendesse per mano e mi garantisse il suo supporto in tutti i miei problemi. Avere parlato di certe cose, senza essermele tenute dentro, le oggettivizza. Il ricordo di qualcosa può mutare nel tempo, un'emozione provata ancora di più. Per questo è bello mettere per iscritto cosa si prova, anche per poterselo ricordare in un secondo momento, fino al punto in cui, che capita sempre a chi scrive tanto, non si ricorda di essere stato così
Posso capire che molte persone facciano fatica a mettersi lì, con una pagina bianca davanti a parlare delle proprie emozioni, io ormai sono abituato e questi post li scrivo mentre guido con il comando vocale, come se parlassi normalmente. Può essere anche per lo sconforto del nulla che esprime il foglio nudo. Ma provateci. Provate a combattere il silenzio parlandogli addosso. Provate a fare capire al mondo cosa provate, anche senza che il mondo sappia. Perchè serve molto di più a chi scrive che a chi legge. 
Perchè molto spesso solo noi sappiamo di cosa abbiamo bisogno in certi momenti. Dobbiamo solo sentircelo dire.

Il mistero dell'energia

Che cos'è l'energia?

So che questa domanda può sembrare strana, ma 8 anni fa fu la domanda che mi posi quando cominciare a fare ingegneria. Oggi, mentre ero in sauna, con i soldi guadagnati facendo ingegneria, mi ponevo questa stessa domanda, cercando di darmi una spiegazione sufficientemente semplice e fruibile da tutti per quanto imparato. Lo so che la gente normale non si pone queste domande, ma punto molto sui curiosi.
L'energia non è qualcosa di semplice da descrivere, tanto è vero che la definizione di essa (la grandezza fisica che misura la capacità di un corpo o di un sistema fisico di compiere lavoro, a prescindere dal fatto che tale lavoro sia o possa essere effettivamente svolto) è talmente generica che non spiega nulla ai profani di fisica. Eppure ne abbiamo degli esempi quotidiani, quali le calorie, ai quali colleghiamo informazioni ben note. Esempio: Le cose grasse hanno tante calorie e ci fanno ingrassare. Discutibile, ma non è questo il momento di promuovere una dieta sana ed equilibrata.  La caloria, come si può trovare scritto su Wikipedia, è la quantità di energia sviluppata da un determinato elemento se sottoposto a combustione. Ovvero, se gli diamo fuoco, quanto scalda. Fin qui trattasi di una disquisizione scientifica, e quindi inattaccabile. Ma resta la domanda su che cosa sia effettivamente l'energia. Il problema vero è, come per le forze, che ne possiamo solamente vedere gli effetti, perché l'energia, come si può ben immaginare, non è materia. La materia stessa, che è composta da atomi, è fatta di energia in realtà. Per andare avanti richiedo un minimo di astrazione.
Noi siamo abituati ad immaginare gli atomi come piccole particelle, ma se fossero effettivamente delle particelle solide tonde come ce li figuriamo in mente, sarebbero composti da qualcosa, ulteriori elementi. Invece queste palline, come li vediamo, rappresentano un quantitativo energetico. Nessuno, con un microscopio, è mai riuscito a vedere un atomo. Un atomo possiede una sua dimensione, ma è una dimensione che corrisponde un quantitativo energetico. Non voglio, e non posso scendere maggiormente nel dettaglio, perché si tratterebbe di fisica quantistica, e non so quanti dei lettori che oggi hanno aperto questa pagina sono disposti a sorbirsi un pippone sulla fisica. Voglio solamente fare il punto su sul fatto che trattiamo quotidianamente con qualcosa che non riusciamo nemmeno a descrivere. È così strana questa cosa? Siamo veramente così superficiali e supponenti da parlare di ciò che non conosciamo? Il problema non è questo, non è nemmeno la nostra presunzione di sapere, o la mia di spiegare. Il problema risiede che esistono delle cose, che per limitatezza di intelletto o esperienza non possiamo capire. Un po' come immaginare uno spazio con più dimensioni di quello in cui viviamo. Lo stesso spazio quadridimensionale viene rappresentato come un susseguirsi di spazi tridimensionali, perché non abbiamo la capacità di pensare oltre la finitezza di quello che viviamo.
Tornando all'Energia, quindi, sarebbe riduttivo definire l'energia come qualcosa, perché qualsiasi cosa è composta da energia, nelle varie forme. L'Energia, risulta essere il mattone base di tutto l'universo.
Non riusciremo mai ad immaginarla con una forma, una dimensione o un colore, ma in realtà la percepiamo tramite tutti e 5 i sensi. Magari non capiamo cos'è, ma è proprio qui, davanti a noi.


venerdì 6 novembre 2015

The sound of silence

Finalmente è venerdì.
Oh, un’altra settimana particolarmente dura volge finalmente al termine. Non che il weekend che mi aspetta sia particolarmente roseo, ma intanto avrò tempo da dedicare alle cose che voglio. Riposarmi, in una parola sola. Tralasciando l’impegno fissato per le 14 di domenica, per il quale probabilmente non parlerò più con nessuno per un po’ di giorni stanotte ho pure sognato di parlarci, con Valentino, non ho grandissimi piani su cosa fare. So solo che oggi sarà una giornata più lunga del previsto, dato che devo far fare una prova di un dispositivo, quindi anziché riuscire ad essere sparato fuori dal lavoro alle 16 come un proiettile, probabilmente mi toccherà andare avanti ad oltranza fino a che non sarà tutto finito.
Parlando però dei lavori che si fanno durante il weekend, devo ammettere che per alcune cose ho già cominciato, ad esempio sistemare il blog. L’intenzione, come già detto, è quella di fare  una raccolta con tutti i post, ma la cosa è più semplice a dirsi che a farsi. Questo, come ogni volta, mi permette, non senza una certa introspezione, di riguardare tutti i post che ho prodotto fino ad ora, rileggendone alcuni. Ho già parlato di come mi capiti di stupirmi delle cose che io stesso ho scritto, ma stavolta è stato diverso. Mentre ho già parlato, anche in vari post, di perdere le parole, o non sapere cosa dire, oggi voglio parlare di quando sai perfettamente cosa dire, ma era meglio se stavi zitto. Perché certe cose vengono lette e interpretate da gente che magari non conosce, o, peggio ancora, si fa più bella figura a non dirle, certe cose.
È doloroso, il momento in cui vorresti dire qualcosa ma sai che non puoi, come un messaggio a cui non sai come rispondere, anche se hai perfettamente chiara la tua posizione in merito. Allora perché non rispondere? Perché non palesare la propria opinione, in modo che chi ci sta di fronte sappia come la pensiamo. Perché non siamo soli. Con questo voglio riallacciarmi al post di ieri, infatti se notate c’è un filo conduttore tra i due argomenti, dicendo che a volte, anziché proteggere noi stessi dicendo quello che pensiamo, è meglio proteggere gli altri DA quello che pensiamo. Non voglio arrivare all'estremo di chi sostiene che facendosi i fatti propri si campi cent’anni, perché non condivido questo pensiero. Intendo solamente che può succedere, certe volte, che un silenzio sia la risposta migliore. Non quella ad effetto, non quella che spiega tante cose (anche se un silenzio può voler dire molto), ma la cosiddetta meno peggio. Pure Paul Simon e Art Garfunkel che il dizionario di Word mi continua a correggere con "Gargamella" hanno fatto una canzone su questo, che dà il titolo a questo post.
Voglio concludere con un piccolo monito, che va bene sia nelle situazioni particolari che nella vita di tutti i giorni, ovvero quello di non giudicare mai le persone.
Perché non si sa mai cosa stanno passando.

giovedì 5 novembre 2015

Qualcuno ti ama

Ho decisamente bisogno di un weekend in mezzo alla settimana. 

Per questo sarei disposto ad aver una settimana di 9 giorni, ma in fondo almeno non si farebbero più di 3 giorni lavorativi di fila. La verità è che ieri e l'altro ieri sono stato a Verona, quindi mi sono stancato parecchio, tra le varie attività. Ah, la città di Romeo e Giulietta. L'amore, il balcone dei Capuleti, l'arena, la simpatia che distingue i veneti. Ammetto che non ci ero mai stato, quindi per me è stato tutto molto nuovo. Quando l'ho detto ai miei amici, mi hanno anche consigliato alcuni posti dove andare a mangiare, per poi fare una passeggiata nel centro, estremamente piacevole. Ecco, non ho visto niente di tutto questo. Avete presente quando gli atleti olimpici si lamentano che nella loro carriera hanno visto tutti i palazzetti del mondo senza vedere le città dove sono andati? A volte mi sento così, a differenza dell'attività di livello internazionale, dei fan e anche del fisico non proprio da atleta.
Ho passato due giorni chiuso in una stanza per di più con poca aria disponibile, in penombra a guardare una delle quattro pareti di un albergo illuminata da un proiettore. Ok, non che non fosse interessante, di lavoro si parla, ma avete presente quelle condizioni in cui si perde ogni genere di cognizione del tempo? Così, mentre le informazioni lavorative entravano attraverso il naso, rimbalzavano in fondo al mio cranio vuoto e uscivano dalle orecchie, ho avuto modo di pensare a un sacco di cose, di fare chiarezza con me stesso su molte situazioni recenti. Perché in questi momenti o mangi, perché a me pensare mette fame, oppure pensi ma poi ti torna fame. Il problema è che poi mangi troppo, in conseguenza di quanto hai pensato, e finisci per bramare la pausa caffè per utilizzare quella stanza con l'omino disegnato sulla porta, accarezzandoti la pancia come fa una donna incinta, ma con un'espressione leggermente più contrita.
In mezzo a tutte queste produzioni fisiologiche, come dicevo, si ha modo di pensare molto bene. Tante cose confuse sono successe ultimamente, quindi non vi stupirete se vi dirò che avevo bisogno di pensare un pochino, di un momento di riflessione e meditazione. Fortunatamente, prima di partire, ho avuto modo di parlare con una persona molto importante per me, che potrei addirittura definire il mio migliore amico. Quel genere di persona che ti dice la cosa giusta nel momento giusto, che c'è quando non ci sono tutti gli altri. Questa persona mi ha definito, prendendo spunto da tutto quello che è successo ultimamente, come "una persona che prima causa un incidente, poi cerca di salvare tutti quelli che sono coinvolti". Mi ha colpito molto quest'affermazione, perché mi ci ritrovo in questa definizione. Mi fa pensare, anche solo per il fatto che in questo momento, da solo, non ho nessuno che si preoccupi per le cose stupide che sta facendo. Allora è forse meglio finire in una palla di fuoco da soli, piuttosto che in un piccolo incidente coinvolgendo altre persone?
La domanda non è semplice da affrontare, anche perché è impossibile pensare di essere completamente da soli, come a dire di non dare pensiero a nessuno. Non possiamo vivere come degli eremiti, quindi dobbiamo sempre considerare che tutto ciò che facciamo abbia una relazione con le altre persone. Essendo quindi impossibile proteggere completamente le persone a cui vogliamo bene dal male, l'unica cosa che possiamo fare è cercare di non essere noi causa del loro male, o almeno cercare il giusto compromesso per la loro felicità. E se qualche volta questo significa compromettere la nostra di felicità, magari è il caso di pensarci.
Come non prendere a 120 di traverso la rampa di uscita autostradale, perché anche se non te lo dice nessuno che non va bene polizia stradale a parte, qualcuno se ne preoccuperebbe. In fondo qualcuno che ci vuole bene c'è sempre.



martedì 3 novembre 2015

Fai la cosa giusta

Quella di ieri è stata un giornata abbastanza convulsa.
Il giorno prima sono successe molte cose, alcune di cui ho molte voglia di parlare, come ad esempio aver realizzato il sogno della mia vita di riuscire a vendere delle rose. Sì, esattamente, sto parlando della pratica, normalmente praticata in outsourcing dai cingalesi, di andare nei luoghi di pubblico incontro a vendere delle rose agli astanti. E ci sono riuscito. Ma questo solamente perchè sono riuscito a vendere il sogno di possederla, il momento in cui la si ha, quella rosa. Non ho venduto un fiore, ho venduto un ricordo, e i ricordi non hanno prezzo. Per questo mi sono fatto pagare bene.
Ho anche lasciato 2 euro di provvigione al mio amico Ranjid che gentilmente mi ha mandato in giro a vendere le sue rose. Davvero un uomo del popolo.
Altre cose invece sono successe e non ho molta voglia di dirle, nè credo sia il caso di parlarne. Non sarebbe nemmeno corretto nei confronti delle persone coinvolte, trascinarle in questo vortice nero, per cui parlerò delle conclusioni a cui sono arrivato.
Oggi voglio parlare delle scelte, e del modo in cui possono renderci fedeli a noi stessi. Esistono situazioni, in cui ci si trova a dover affrontare la vita nella maniera più dura. Parlo dei momenti in cui bisogna fare la cosa giusta. In altri termini, scegliere
Ma che cosa significa veramente fare la cosa giusta? Significa semplicemente cercare l'opzione migliore, o il migliore compromesso? Perché ci sono dei casi, in cui l'opzione migliore non è una strada percorribile, e finisce, pur sembrando all'inizio dritta, contro un muro, senza lasciare via di scampo. Allora bisogna scegliere la strada più in salita di tutti, quella che comporta sofferenze, ma di cui si è sicuri dove arriva. Un po' come vedere in vetta l'arrivo, senza sapere cosa ci sarà durante il percorso. Avere la consapevolezza delle proprie scelte è fondamentale per poter essere risoluti nel perseguimento dei propri obiettivi. E non importa quanti errori si commetteranno, durante il percorso, quanto si potrà stare male, o cosa penseranno addirittura le altre persone di noi. Perché non è qualcosa che possiamo controllare. Non conta fare la figura del cattivo, e talvolta recitare questa aprte se poi in cuor tuo sai di essere buono, di volere quello che vogliono tutti gli altri.
Abbiamo solo scelto la strada che porta in alto, non quella che ci faceva mantenere lo stesso livello, una strada piena di difficoltà di cui però conosciamo il risultato. E lo potremmo fare per il bene nostro, per il bene degli altri, o per tutti e due, ma sapere di aver scelto la strada giusta è fondamentale. Prendere decisioni, nella vita come in qualsiasi altra cosa, ci permette di essere parte attiva di ciò che facciamo. Di non rimanere bloccati dove siamo, di muoverci. Perchè le cose belle succedono alle persone buone.
Voglio chiudere questo pensiero raccontare una storia, ormai resa celebre da un film western, "il mio nome è nessuno"

Allora, questo uccellino non sapeva ancora volare; durante l'inverno, in una notte fredda, ruzzola giù dal nido e finisce sul sentiero. Comincia a gridare "piio piio piio" come un matto e sta per morire di freddo, ma fortuna per lui ecco che arriva una vacca; lo vede e pensa di scaldarlo, e così alza la coda e... splash!, una margherita bella e fumante, grossa così.
L'uccellino al caldo è tutto contento, tira fuori il capino e ricomincia "pi-piio pi-piio" più forte di prima. Ma un vecchio coyote lo sente e arriva di corsa, allunga una zampa e lo tira fuori dalla cacca, lo pulisce ben benino, e poi... gnam! Se lo ingoia in un solo boccone.
Il nonno diceva che la morale c'è, ma che bisogna trovarsela da soli.

Perchè, come dice Jack Beauregard alla fine del film, non sempre chi ti mette nella merda lo fa per farti del male, come non sempre chi ti tira fuori dalla merda lo fa per farti del bene.




domenica 1 novembre 2015

A me sembra mezzo pieno

Le cose belle capitano alle buone persone.
Ieri sera sono andata a letto con questo pensiero, e pensavo che fosse giusto condividerlo con blog. Secondo me c'è un mondo dietro questa frase, anche solo per il fatto che racchiude nel suo interno tutta una filosofia. Partiamo però come al solito andando con ordine, analizzandola per intero: va detto che non è una verità assoluta, ma in fondo cercare verità assolute generaliste è un po' come cercare l'elisir di lunga vita. Si può studiare un caso, magari cento, ma ogni caso va valutato in maniera singolare. come a dire che ogni storia è a se stante, ma non mi piace vedere le cose così, preferisco pesare che le persone, i loro atteggiamenti siano legati da un sottile filo conduttore, che ci unisce, che ci permette di vere momenti in cui ci diciamo "ma davvero? pensavo capitasse solo a me!".
Non faccio mai mistero del mio atteggiamento positivo nei confronti delle cose, e penso che sia estremamente salutare. Cerco di convincere di questo anche gli irriducibili pessimisti, le persone che non vogliono essere compatite, chi pensa di essere senza speranza, e, mi scoccia dirlo, ce ne sono più di quanti se ne pensa. In una parola, i disillusi. Ma ho già parlato dei disillusi in un altro post, e per quanto ami il suono della mia voce, arrivo a detestarla quando ripete quanto appena detto. Quindi voglio parlare delle conseguenze. Non voglio stare a raccontarvi come ad essere tristi, cupi si viva male anche perché cercate di seguirmi nel pensiero, la filosofia per cui un ottimista, nel caso dovesse avere torto sarà deluso alla fine della sua vita, mentre un pessimista disilluso lo sarà in ogni momento di ogni ora, di ogni giorno, di ogni evenienza. Stiamo parlando di un sacco di volte. Alla faccia di chi dice che aspettarsi il peggio permette di prevenire, o anche semplicemente lenire le sofferenze. Voglio parlarvi di quello che la vita può metterti in braccio se ti fai trovare con le braccia aperte. 
Il fatto di essere persone che cercano di prendere il meglio da tutto non è certo il segreto per una vita priva di problemi, e bisogna comunque fare i conti con i momenti in cui la sorte, il destino, il karma o come volete chiamarlo ci tira una palla curva. I problemi ci sono, e dubito che si possa dire che a un certo punto si possa mai arrivare ad uno stato in cui la barca và da sè. Ma proprio qui entrano in gioco le cose belle che accadono. Le persone buone, i trascinatori, come piace chiamarli a me, che hanno un atteggiamento positivo, sono coloro ti tendono la mano per primi, che ti danno confidenza per fare maniera che tu ti senta al sicuro a parlare con loro, accolto/a, per certi versi. Sono quelli che quando gli viene proposta una sera a casa di gente sconosciuta, prima pensano che conosceranno un sacco di gente nuova, prima di dire "non conosco nessuno". E diranno . Quanto può essere potente una singola accoppiata di lettere. Quante cose, pensieri, affetti, sogni desideri o prese di posizione nasconde una s unita a una i accentata, ricordiamocelo sempre. 
Non siate vittime, siate carnefici. Dei pensieri negativi.