domenica 28 febbraio 2016

Costellazioni da marciapiede

Chi cammina guardando per terra non vede mai il cielo.

Oggi voglio cominciare con questa citazione, in questa piovosa domenica di Febbraio, una delle ultime. Non avevo nessuna voglia di stare malinconico alla finestra, magari suonando qualche canzone triste con l'ukulele. A dir la verità questo è molto difficile, in quanto qualsiasi canzone sembra allegra con l'ukulele, è anche per questo che ho scelto di suonare questo strumento. Per cui, essendo un giovane dandy annoiato, ma con la pancia vuota, ho deciso di andare a fare la spesa. Da grande artista tormentato, dove trovare un briciolo di ispirazione eccezionale se non nella trivialità della vita di tutti i giorni? Ok, mi sa che mi sto allargando un po' troppo e dovrei fare una bella doccia di umiltà. Oltre che una doccia vera. Insomma, ho raccolto le mie buste della spesa, perchè va bene tutto ma bisogna risparmiare sulle sporte, e sono andato sotto la pioggia, a fare la spesa. Ma qui qualcosa ha attirato la mia attenzione.
Mentre camminavo sul marciapiede, ho notato qualcosa di strano. Ero tutto assorto nei miei pensieri, niente di trascendentale, cosa comprare una volta dentro, quando ho visto delle linee per terra, delle linee bianche disposte in maniera casuale. Non ho dato molto peso alla cosa, in fondo si vedono spesso dei disegni sui marciapiedi e sui muri di questa città, e molto spesso non hanno nemmeno un senso. Eppure questi continuavano per decine di metri, ma non con disegni ordinati, sempre casuali. Finché non mi sono accorto della ragione che c'era in quelle linee. Ogni linea collegava una macchia, ogni chewing gum alla successiva, creando una sorta di costellazione con tutte le imperfezioni nel grigio dell'asfalto. Un ordine cera, non era più un semplice marciapiede, ma la gente poteva cominciare a vedere, grazie a quelle linee, delle forme e dei disegni, esattamente come è stato fatto con il cielo e le costellazioni vere e proprie. Chiunque abbia avuto questa bella idea, ha deciso solamente di riproporre qualcosa di già fatto in passato, cercando di dare un senso, un'ordine a ciò che appare come caotico e casuale. Che per carità, non fraintendetemi, lo è, ma ho sempre avuto ammirazione e curiosità per la capacità della mente umana di associare un significato a ciò che non riesce a spiegare. Vivere in un mondo intellegibile, ci permette di pensare che possiamo esserne padroni, e vivere quindi meglio. Così, mi sono fermato a guardare quei disegni, quelle costellazioni da marciapiede che decoravano tutto il camminamento e ho cercato di vederci qualcosa pure io. Purtroppo però, la mia mente bacata non mi permette di vedere oltre, e ricondurre delle linee a un disegno più complesso, facendomi immaginare paperelle, orse maggiori o sagittari. In ogni caso è stato un po' come guardare il cielo la notte.
Non riuscivo a vederci più di quello che vedevo, ma mi è piaciuto molto.

Nine Black Alps - Pocket Full of Stars

Un venerdì diverso

Non esiste buono o cattivo tempo, esiste solo buono o cattivo equipaggiamento.

Quella di oggi è stata una giornata strana, atipica persino per i miei venerdì. Tutto il giorno sono stato in giro, con la macchina, a cercare di fare contente tutte le persone con cui lavoro. Non è sempre facile fare contenti tutti, anche se penso di esserci portato per questa roba. Mi piace fare in modo di essere tramite attraverso cui le persone riescono ad ottenere i loro obiettivi. È una delle cose belle del mediatore, cercare di mettere tutti d'accordo per quanto possibile. Eppure oggi, neppure aver viaggiato dalle Alpi al Po e ritorno, mi ha tolto il sorriso dalla faccia; perché avrei potuto lamentarmi delle continue urgenze, del fatto che nessuno fa il suo lavoro quando dovrebbe, che la gente, se non viene spronata, o tirata per la giacchetta non si muove dal proprio posto, ma non l'ho fatto. Non mi piace notare le mancanze altrui, mi è stato insegnato quanto sia sbagliato e trovo che non sia nemmeno una cosa bella o corretta da fare. Mi piace invece parlare bene della gente, soprattutto quando fa bene il proprio lavoro. È per questo che spero di fare bene il mio, in modo che gli altri parlino bene di quello che ho fatto. Perché, con l'atteggiamento giusto, cercando di tirare fuori il lato positivo da ogni cosa, ogni occasione è buona. In questo momento sto dettando questo post mentre sono in coda in autostrada, mentre torno verso casa. Non ho particolare fretta di tornare, mi piacerebbe stare sul divano, ma in fondo farei la stessa cosa che sto facendo qua, quindi niente. Eppure aver fatto questo sforzo di questa gran mattinata in giro mi ha permesso di fare bene il mio lavoro, e non lo rimpiango, nemmeno se oggi pomeriggio avrei potuto e voluto fare altro.
Mi viene da sorridere in questo momento, pensando di aver fatto bene il mio lavoro, pensando di aver anche fatto quel miglio in più che mi è stato richiesto. Perché sono sicuro che facendo così mi riesco a circondare di persone disposte a fare un miglio in più per me, magari non tutte, ma sicuramente qualcuno. In un vecchio post, ho scritto che faccio questo lavoro perché sono il migliore. Non è assolutamente vero, e questo penso sia sotto gli occhi di tutti, eppure c'è un motivo per cui mi sento portato per questo. Non è certamente perché sono il migliore, bensì perchè sono disposto a farlo, cosa che molti altri non fanno. Ho l'atteggiamento giusto per affrontare le sfide che la vita mi pone ogni giorno, nella difficoltà di fare un lavoro sempre diverso ogni giorno. Ho la fortuna di potermi svegliare ogni mattina, e fare la differenza in quello che faccio.
Anche se questo non è del tutto corretto, perché tutti hanno la possibilità di fare la differenza, forse la mia fortuna è solamente averlo capito.


martedì 23 febbraio 2016

Il donatore di tempo

Non hai mai l'impressione che il tempo ti sfugga dalle mani senza accorgertene?

In questo momento ho appena preso il biglietto premendo il tasto "donatori senza prenotazione". Chi mi conosce bene sa che sono un donatore di sangue, e che lo faccio da quando ho compiuto 18 anni con regolarità. È una cosa molto bella, oltre che utile, e dà una certa qual soddisfazione quando scopri che qualche persona che conosci ha avuto la necessità di una trasfusione nell'ospedale dove vai a donare, perché potresti averlo aiutato direttamente tu. Il mio lavoro mi permette di vedere che fine fanno queste sacche di sangue, quindi anche come vengono utilizzate. Vi garantisco che vengono trattate come oro liquido, quindi, se rientrate nei parametri per la donazione, fate questo piccolo sforzo.
Ma quello di oggi non voleva essere un spot pubblicitario per convincerci tutti a fare questo piccolo regalo, quanto più un'osservazione sul passare del tempo. Dal punto di vista legale infatti, non si possono effettuare due donazioni consecutive senza che siano intercorsi almeno 90 giorni tra una e l'altra. Questo vincolo è di carattere clinico, in quanto è il tempo stimato che ci mette il nostro midollo osseo a riprodurre la quantità di globuli rossi che sono stati persi nella donazione. In un anno quindi, un maschio adulto in buona salute vedi sopra riesce a fare al massimo 4 donazioni, che è quanto faccio io. Quindi la mattina in cui sono seduto qui, ad aspettare per la visita medica prima della donazione, posso fare il punto della situazione su quello che è successo negli ultimi 6 mesi. La curiosità ha voluto che i questa metà di anno siano successe moltissime cose, perché 6 mesi fa sono andato a donare che mi ero fidanzato da poco, mentre 3 mesi fa ero stato lasciato da poco, mentre le valutazioni odierne le faremo tra 3 o 6 mesi. La cosa che mi ha fatto sorridere è stato come passa velocemente il tempo, perché mi sembra l'altro ieri di aver fatto la penultima donazione, oltre che l'idea che siamo a metà strada dell'anno per le vacanze estive. È certamente troppo presto per pensarci, ma ho avuto prova e limpressione che il tempo passasse sempre più velocemente. Ciò che ritengo sia importante, quando si sente il tempo scorrere così celermente, è cercare di imparare qualcosa, anche su noi stessi, in ogni momento, altresì possiamo essere portati a pensare che tutto ci stia scivolando dalle mani come sabbia che scorre tra le dita. Il nostro tempo non è mai buttato fino a che non diventa parte del passato, perché siamo stati noi a non usufruirne; ci sono momenti in cui è necessario attendere, e magari stringere i denti fino a che la tempesta non cessa, ma anche momenti in cui ci si accorge che il vento buono sta arrivando e quindi preparare tempestivamente le vele per il viaggio.
Così, mentre aspetto il mio turno, cerco di immaginare il futuro che mi aspetta in questi 6 mesi, ma non sono spaventato da quest'idea. Il cielo è terso, c'è il sole e il mare è calmo.
Nulla mi fa pensare che il vento non arriverà.

#GiveBlood
Queen - Let Me Live

lunedì 22 febbraio 2016

I walked the line

Sabato sera ho fatto una cosa molto stupida.

Lo so che la maggior parte dei miei post che iniziano con queste premesse promettono molto bene, con storie romanzate al limite della credibilità, ma stavolta non è una di quelle. Quando dico che qualche sera fa ho veramente passato il limite, intendo dire che non è stata una cosa bella, e voglio farlo notare. Non ho intenzione di entrare nello specifico di quello che è successo, ma posso solamente dire che è stata di gran lunga la cosa più pericolosa che abbia fatto negli ultimi mesi, che in confronto rischiare di scivolare in un burrone in montagna da solo è una passeggiata di salute.
La possibilità di aver fatto una cosa così stupida a cuor leggero mi ha dato molto da pensare. Perché dopo averla fatta, a freddo, ci ho ripensato e ho avuto paura. Non mi ritengo una persona che prova spesso paura, non perché sia un tipo macho che non ha paura di niente, au contraire, quanto più per il fatto che non lascio che la paura mi blocchi dal fare ciò che desidero. Eppure sabato sera ho avuto molta paura. Perché se qualcosa fosse andato storto, se solo ci fosse stata una sola interferenza, se una farfalla a Melbourne avesse battuto le ali più forte, se la teoria degli universi paralleli non è sono una teoria, c'è un universo in cui le cose sono andate diversamente. Forse c'è anche un universo dove sono morto. Mi viene la pelle d'oca solo a pensarci.
La ragione per cui sto scrivendo di questo episodio è perché voglio parlare di come le esperienze, buone e cattive tendono a condizionare il nostro comportamento. Dopo questa esperienza, io sono sicuro che non mi metterò più da solo in quella codizione: per una leggerezza di gioventù si tende a dimenticare quello che si ha, e in un modo o nell'altro ho imparato qualcosa. Essendo un fortunello di natura, ovviamente a me è andata bene, ma ho comunque imparato qualcosa. Anche perché se fosse successo qualcosa, non avrei potuto dare la colpa a nessun altro, se non me stesso, che, diciamocelo, non è proprio il massimo della vita.
Penso che la paura, in questi casi, sia qualcosa di buono. Ci permette di imparare dai propri errori, di vivere con una conoscenza più ampia di ciò che ci circonda e, non da meno, di noi stessi. Sì, ho avuto paura, e ho tutt'ora paura di quello che è successo, ma di una cosa sono sicuro.
Ho imparato la lezione.

Johnny Cash - Walk the Line

giovedì 18 febbraio 2016

L'equilibrista squilibrato

Comincio a pensare che i guai abbiano la capacità di trovarmi sempre.

Ieri è stata una giornata strana. Un classico giovedì, vissuto come quando da lontano si guarda il traguardo che sarebbe il weekend, ma almeno si vede già. Così, essendo una bella giornata e non avendo voglia di fare molto altro, una volta arrivato a casa, mi son messo la mia bella tuta e sono andato allo skatepark. "E' un po che non ci vado, mi divertirò di sicuro" chi conosce l'ambiente sa bene quanto questa frase sia un'aberrazione clamorosa, essendo lo skate uno sport in cui si fa male spesso anche chi è allenato, figuriamoci chi non lo è. Insomma, imbracciata la mia tavola, cuffie nelle orecchie e vento nei capelli, mi sono diretto al paradiso del cemento, l'ameno luogo ove sin da lontano si ode frangere ferro contro ferro, pianto e stridore di denti. Il suddetto skatepark.
Ritagliato il mio angolino dove provare, mi sono messo per un po' a cercare di fare una cosa (uscire saltando dal pipe, il muro ricurvo), senza però avere successo. Ad un certo punto, vuoi la stanchezza, vuoi la frustrazione, ho provato a farlo un po' più estremo, e vi aspettavate diversamente? sono caduto. Una di quelle cadute da farsi male veramente, perché sono caduto in avanti sbattendo la spalla e un po' la faccia sul cemento. Molti saranno felici di questo. Fortunatamente non è stata una botta troppo forte, e ora la spalla è un po' scorticata e soprattutto è l'altra rispetto a quella dello snowboard di due settimane fa, quindi abbiamo pareggiato il segno. Un ragazzo per modo di dire ragazzo, ha 41 anni mi ha visto e mi ha chiesto se avessi bisogno di aiuto, l'ho ringraziato e ci siamo messi a parlare. Mi ha dato un paio di consigli e alla fine, riprovando, dopo qualche tentativo, sono riuscito a fare quello che volevo.
Quello che mi ha stupito, ad eccezione della mia incredibile stupidità e della capacità di trovare guai ovunque vada, è stato che con un paio di consigli ben piazzati, non solo sono riuscito a fare quello che volevo, ma ho fatto anche molta meno fatica. Questo mi ha fatto pensare. Cosa era cambiato in me in quei pochi minuti? La paura di sbagliare e farsi male non se n'era andata, anzi, forse era pure aumentata, ma qualcosa era cambiato. L'equilibrio.
Ho pensato che l'equilibrio era tutto in quel momento, che per fare quel determinato movimento, doveva essere più naturale, più armonico, meno forzato. Questo mi ha fatto pensare a tutti i casi della vita in cui ho visto gente che faceva di più di me mostrando meno fatica, grazie ad un equilibrio migliore. Non sto parlando della mera capacità di locazione in postura regolarmente eretta, ma parlo della capacità di dispensare la giusta misura per la giusta applicazione. Essendo meglio bilanciato, sono riuscito ad uscire con lo skate dal pipe, ma solo perché la mia mente ha rivolto la giusta attenzione ai segnali che i nervi delle mie gambe le stavano mandando. Nello stesso modo penso si debba operare nella nostra vita, cerando il giusto equilibrio: capire cosa è importante e cosa non lo è, capire per cosa spendere un minuto in più, e su cosa tagliare corto. Un buon bilanciamento permette quindi di discernere le cose importanti dalle distrazioni, e in questo l'esperienza è fondamentale. Nel mio caso, beh, penso che sia ovvio che sulla soglia dei 30 anni mi possa cominciare a sentire troppo vecchio per queste cose, e magari dovrei dedicare la mia attenzione ad altro. Non posso più fare tutto quello che vorrei, perché ci sono cose che cominciano ad avere al priorità. E a un certo punto il mio personale equilibrio mi farà stare fuori dallo skatepark e lontano dai guai.
Ma non ancora.

Youth Group - Forever Young


Io so chi sei

Recentemente ho combinato una serie di casini.

La mia vita, come si può immaginare dai miei racconti, i quali necessitano di essere leggermente romanzati ai fini prosaici della narrazione, è estremamente movimentata. Sono continuamente immerso in nuove esperienze, per lo più divertenti, in cui mi ritrovo coinvolto, più che attore principale. In altri termini, noto sempre più spesso che le cose mi accadono, più che ne sono attore, posso quindi solamente cercare di comportarmi al meglio. Dicevo, recentemente ho fatto un po' di casini con un po' di persone: come sempre non ho piacere nel parlarne in maniera esplicita, anche per non tirare in mezzo le persone coinvolte, ma nominare il fatto mi permette di introdurre l'argomento di cui vorrei parlare oggi. Perché oggi voglio parlare della Consapevolezza.
Lo scorso weekend, parlando con un amico molto riflessivo, ho espresso un pensiero secondo cui la consapevolezza, ovvero la capacità oggettiva di misurare le proprie caratteristiche, capendo quindi chi siamo veramente, sia il punto di partenza di una vita felice. Badate bene, non ho mai detto che una vita felice sia una vita priva di errori o momenti tristi, perché queste sono cose che succedono, anche indipendentemente dal nostro volere. Essere consci di noi stessi e delle nostre possibilità, ci permette di non trascendere mai noi stessi nel nostro comportamento, da soli come nella comunità, in parole povere essere noi stessi. Quante volte abbiamo sentito dire ad altri, o addirittura ci siamo sentiti dire "devi essere te stesso"? Perché è così comune e scontata questa affermazione, quanto spesso ignorata e confusa?
La risposta sta nell'accettazione dei propri limiti umani, nel desiderio di essere migliori di quello che siamo, nel continuo rincorrere risultati impossibili, come un Icaro che brucia volando verso il sole. Non ci accettiamo per la nostra mediocre limitatezza, e vorremmo essere più forti, più spiritosi, più coinvolgenti, più apprezzati. La realtà delle cose però è molto diversa: chiunque abbia avuto l'occasione di provare a farsi una nuova vita, scontento della vecchia, avrà notato che è impossibile prescindere da noi stessi, da chi siamo e da come siamo fatti. Prima o poi la nostra vera natura salta fuori e ci mostra per ciò che siamo. È qui che entra in gioco la consapevolezza. Chi possiede questa caratteristica conosce i propri limiti con un discreto grado di precisione, e agisce di conseguenza, sempre con mezzi conosciuti. Penso, nel tempo, di guadagnare sempre più consapevolezza di me stesso, arrivando anche a capirmi meglio.
Il che mi rende molto tranquillo e fiducioso sul futuro. Dove spero combinerò sempre meno pasticci.

Jimmy Cliff - I Can See Clearly Now

martedì 16 febbraio 2016

Je suis Cyrano

Ieri sera ho avuto una piacevolissima cena con un mio amico.

Non è qualcosa che faccio spesso, il gesto di invitare qualcuno a casa mia. Mi considero una persona ospitale, ma le mie abitudini di vita che i più potrebbero chiamare manie mi trattengono spesso dal farlo. Perché non è che sento l'orticaria quando qualcuno usa le scarpe anziché le ciabatte sul mio pavimento immacolato, ma ci faccio caso. Eppure ieri sera mi sono proprio divertito, anche perché è sempre bello fare il Cyrano De Bergerac.
Questo credo necessiti una spiegazione: ultimamente, vuoi per la mia passione per la dialettica, vuoi per il mio occhio critico e affascinato nei confronti dell'universo femminile, ho alcuni amici che mi chiedono consigli su come comportarsi con le loro presenti o future conquiste. Non sono certo un santone, tantomeno un esperto, ma in migliaia di "no, non sono interessata" ricevuti dalle donne ho imparato qualcosa, e non ho interesse a non trasmettere questa conoscenza. Perché troppo spesso una donna ti spiega anche, come dovresti comportarti, ma mai in maniera facilmente intellegibile. Allora qui arrivo io, che spiego che cosa significhi quando una donna ti dice "scrivimi pure quando hai voglia". Mi piace l'immagine del Cyrano, nascosto dietro una scala, che suggerisce le frasi d'amore al suo amico Cristiano per conquistare la bella Rossana. La solidarietà tra maschi permette di non essere soli davanti a degli esseri senzienti come le donne, incredibilmente più sveglie di noi, per di più.
Andando via, questo mio amico, ringraziandomi, mi ha fatto pensare al perché lo faccio, perché con lui sono stato disponibile e gentile, senza volere nulla in cambio. La verità è che non c'era uno dei miei diabolici piani sotto, una complessa quanto ingegnosa giocata del mio Playbook, perché la motivazione è un'altra. Mi piace circondarmi di persone di cui io possa fidarmi, persone intelligenti, persone che siano capaci di accettare, o almeno ascoltare anche senza poi seguire un consiglio che deriva dall'altrui esperienza. Siamo portati a cercare di fare gruppo con i nostri simili, a formare la nostra squadra, coprendoci le spalle a vicenda, senza dover dimostrare niente a nessuno da soli. La consapevolezza di essere un gruppo, permette di essere più sicuri di sé, perché, citando Chris Maccandless, il segreto nella vita non è essere forti, ma sentirsi forti.
Sono sicuro che il mio amico, se avrà l'occasione, e io gliene darò la possibilità, mi ricambierà il favore. Ma non riuscirà mai a sdebitarsi, per due motivi. Innanzitutto perché non è in debito con me di niente, ma anche perché i miei consigli sono oro colato.

Voglio chiudere con una novità, ovvero il brano suggerito del giorno. Cercherò sempre di mettere una musica che rispecchi l'augurio, il consiglio, oppure la riflessione del giorno.
Buon martedì a tutti.

New Radicals - You Get What You Give

venerdì 12 febbraio 2016

Gelosia portami via

Ha senso essere gelosi dei propri affetti?

La domanda che mi pongo, e che in un certo senso pongo anche a voi, umili lettori, è sempre molto attuale. Ho combattuto molte battaglie, durante le mie relazioni e con amici/e sull'argomento, senza mai riuscire ad arrivare ad una risposta univoca. Perché spoilerando il risultato finale un argomento che va discusso caso per caso, finisce spesso per non avere nemmeno delle linee guida generalmente valide. Ma andiamo con ordine.
Ho sempre definito la gelosia come un eccessivo attaccamento alle proprie cose, per quanto spesso e volentieri le cose siano meglio descritti dalla parola affetti, che comprenda persone, animali e oggetti. Partendo dall'idea che sia giusto provare un interesse, che si manifesta sotto forma di desiderio di possesso, per i propri affetti, questo non deve degenerare in un possessivismo esclusivo. Desiderare per noi qualcosa o qualcuno non deve limitarci o limitare dalla possibilità di condividere questo affetto con altri. Tutto questo immagino richieda una spiegazione, per non essere frainteso. Una fidanzata che si arrabbia se il suo fidanzato va con altre è più che legittimo, quanto non lo è un ragazzo fedele che però ha delle amiche femmine con cui non fa niente, sia chiaro. La gelosia di questa ragazza è un desiderio esclusivo senza possibilità di condivisione, e questo finisce per limitare la libertà del ragazzo che prima o poi si stancherà, e questo non va bene, per lei come per la relazione ideale che ha in mente. Questo ovviamente si applica a vari campi, amore, amicizia e possesso generico. Penso che possa avere ragione Osho in questo, quando dice che se si trova veramente bello un fiore, non bisogna coglierlo, cosicché la sua bellezza possa continuare ad essere, e possa essere condivisa. Il possesso univoco di qualcosa non la rende migliore, perché se ne limita la libertà.
Non trovo quindi che la gelosia sia o possa portare a qualcosa di giusto, perché  è un cercare di arraffare quanto più per sé senza pensare alle conseguenze. Non si tratta quindi di una dimostrazione di affetto nei confronti di qualcosa, quanto più una forma, molto ben mascherata, di egoismo.
Per quanto riguarda me, credo di aver fatto della mia vita una missione continua nel dimostrare che essere gelosi non serva a nulla, cercando di portare il ricambio di affetto e la fiducia come testimoni. Nota per il lettore: non ha ancora funzionato, ma continuiamo a provare.
È bello potersi fidare delle persone. Non dico che queste non ci possano fare male, ma bisogna dargli fiducia se vogliamo farle vivere, e vivere noi stessi, in libertà.

martedì 2 febbraio 2016

Un grande ritorno

Sono sempre stato un grande appassionato di sequel.

Forse dipende dal fatto che mi piace sapere come vada a finire una storia, al di là del limite platonico del fine della narrazione. C'è un non so che di romantico lo so che ho avuto lamentele perché uso troppo spesso questo aggettivo, nel cercare di capire cosa succeda ai protagonisti dopo la fine, come a volersi preoccupare per loro, nel gesto di un genitore premuroso.
Ma torniamo al discorso del ritorno: il ritorno, che può essere anche qualcosa di epico, come ci può esemplificare "Il ritorno dello Jedi" e qualsiasi titolo che abbia come il titolo il ritorno di qualcosa, non è altro che il naturale prosequio di una storia di grande successo. Mi vengono in mente anche i grandi ritorni sportivi, come Valentino Rossi, dopo essersi rotto la gamba al Mugello, solo dopo un mese tornò a correre stoicamente al Sachsenring.
Essendo celebrativo nei confronti della mia vita anche troppo, mi fanno notare mi piace ascoltare la musica epica che spesso fa da colonna sonora ai grandi ritorni cinematografici, come gli allenamenti di Rocky o la Rupe dei Re di Simba, e spesso lo faccio mentre mi alleno. Non mi vergogno a dire che ho anche una playlist apposita, che si chiama giustappunto "Comeback Music", che dà quella carica giusta nel momento in cui devi spingere di più.
Non che nella mia vita mi sia mai andato qualcosa particolarmente storto, e per quanto adori l'espressione "combattere i miei demoni", non ho mai avuto la necessità di fare un grande ritorno. Però sono stato male tante volte, ferito, nello spirito quanto nel corpo, e ho dovuto cercare la forza di risollevarmi. In questo momento mi trovo nella condizione di non potermi allenare causa infortunio alle braccia come ampiamente spiegato nel precedente post, soprattutto la parte per cui era assolutamente inevitabile, e questo un po' mi pesa. Sto già meglio, e non vedo l'ora di poter ricominciare a recuperare. Ieri facevo delle flessioni con un braccio solo per vedere se ci riuscivo, e il solo fatto di averci provato mi ha dato una grandissima carica.
Grinta, determinazione e forza d'animo sono indispensabili per un grande ritorno, ma l'ingrediente fondamentale è un altro, ovvero l'obiettivo. Perché se manca la motivazione per cui compiere uno sforzo al di sopra delle nostre capacità, prima o poi la nostra attenzione nei confronti della missione diventerà da speciale a ordinaria. La cosa che più mi lascia deluso della mia giornata sulle nevi non è essermi fatto male e aver potuto pregiudicare molte altre cose, bensì non essere riuscito a fare quello che volevo, non essere scivolato con la tavola lungo tutta la lunghezza di quel tubo di acciaio. So che può sembrare stupido e anche un po' irresponsabile, ma questo lo dico solamente perché se ci saranno le condizioni di provare di nuovo, consapevole delle esperienze passate, mi giocherò le mie carte migliori. Non capita spesso di avere una seconda occasione, perché bisogna crearsela.
Da oggi pomeriggio ricomincio ad allenarmi. Piano piano.

lunedì 1 febbraio 2016

Sogno di volare

Quant'è bello essere giovani e immortali?

In questo momento sto usando l'inserimento vocale gentilmente fornito da Google, per scrivere il post odierno. Non si tratta di un vezzo tecnologico, anche se ammetto che ogni tanto lo utilizzo per comodità e sicurezza mentre guido, quanto più di una necessità. Mi trovo infatti nella situazione di avere un braccio al collo e un polso steccato con un tutore. Non allarmatevi, non si tratta di qualcosa di grave grave per me, capitemi, solo delle brutte contusioni, che però mi impediscono di muovere correttamente la spalla (il problema è la clavicola destra) e il polso sinistro, quindi faccio fatica a scrivere al computer. Il dottore ha detto che me la caverò con una settimana di riposo, e per "dottore" intendo quello in ingegneria. Ma l'argomento di cui voglio parlare oggi, che è direttamente conseguente alla mia condizione, anche perché ne è la causa, mi sembra troppo interessante per saltare l'appuntamento delle mie riflessioni sul blog.
Sabato sono andato a sciare con alcuni amici e già qui i più attenti avranno capito ed è stata una giornata meravigliosa. Il tempo era fantastico, e anche se non nevica da un po', le piste erano tenute veramente bene, non hanno dato il minimo segno di cedimento. Mi piace molto andare a sciare, o fare snowboard a seconda di cosa ho scelto per quel giorno, ma comincio ad avere una certa età. Mi spiego meglio: sempre più spesso sento di amici che smettono di sciare perché hanno paura di farsi male, perché è pericoloso, oppure di adulti che cominciano ma vanno molto piano, non per inesperienza, ma sempre per questa paura di farsi male. Ora, sarà che io ho cominciato da molto piccolo e mi sono sì fatto male, ma mai eccessivamente sempre per i miei canoni, ma non ho mai sentito il peso di questi problemi. Mi piace fare freestyle, quindi salti, rotazioni, giochetti vari ed eventuali, aumentando pensiero fatto a freddo, non certo quando sono sulla tavola esponenzialmente il rischio di contusioni, rotture e via dicendo. Come dicevo, fino a poco tempo fa, non era tra le mie preoccupazioni l'idea di farmi male, fino a quando non ho cominciato a lavorare. Vivendo da solo, potendo contare solo su me stesso alè siamo in buone mani, la preoccupazione che possa succedere qualcosa che mi impedisca di fare regolarmente i miei compiti mi spaventa un po', ma sono sempre riuscito a vincerla. Infatti subentra sempre l'idea, come detto in apertura, di essere immortali, o quantomeno che la possibilità di farsi male sia remota basato poi su cosa non lo so, e nel caso si verifichi non faccia poi così male. Ecco, vi garantisco che non è così. e penso che il rail (corrimano lungo cui si scende con la tavola) di acciaio contro cui ho sbattuto a metà trick possa confermarvi il tutto, ma in fondo è bello avere questa visione.
Certo, essere prudenti alla lunga paga, e questo fuga da ogni ragionevole dubbio. Però, ogni tanto, prendersi dei rischi, vivere delle esperienze, provare cose nuove, è ciò che ci fa crescere. Poi, certo, si può cadere e farsi male, con lo snowboard come in qualsiasi ambito, ma almeno sapremo qual'è il nostro limite, fin dove possiamo arrivare. E se saremo testardi a sufficienza, continueremo a cercare di superare il nostro limite, a migliorare, a provare fino a che la paura non ci fermerà, finché il gioco varrà la candela.
Il cuor leggero dei giovani è l'animo dei sognatori, di chi non lascia entrare la paura che qualcosa di brutto possa accadere e non lascia frenare i propri desideri da quello che gli altri considerano "normale". E' ciò che rende così ricca e speciale la gioventù, che ci definisce per quello che siamo, che ci fa volare sempre più in alto.
Anche in snowpark.