venerdì 18 marzo 2016

Il Visconte dimezzato

A volte uno si sente dimezzato, ma è soltanto giovane.

Recentemente ho recensito dei film, il che è molto facile e pratico oltre che poco impegnativo, mentre oggi voglio fare qualcosa di diverso, anche se non è la prima volta. Voglio recensire un libro. La lettura in questione è "Il Visconte dimezzato" di Calvino, letto sulla scia dell'entusiasmo provocatomi dalla lettura del "Barone Rampante" e non ne sono certo rimasto deluso. Un italiano impeccabile, uno stile accattivante e sufficientemente leggero da poter essere apprezzato da chi, come me, non sia particolarmente avvezzo alla lettura.
La storia narra del Visconte Medardo di Mezzalba, che andando in guerra si prende in pieno una cannonata  ("non gli spiegarono che i cannoni si attaccano da dietro o dal fianco, e non da davanti") e viene diviso perfettamente a metà, dalla testa all'inguine. Grazie a delle cure miracolose, ne riescono a salvare una parte, ma la metà che torna a casa è esclusivamente cattiva, compiendo ogni sorta di maleficio. Nella seconda parte del libro compare però l'altra metà, che degli stregoni avevano riportato in vita, che di contro si rivela essere buona, ponendosi in contrapposizione del "Gramo", come viene chiamata la metà cattiva.
Su questa struttura si costruisce una storia basata sulla più classica delle battaglie, quella tra il bene e il male, fornendo anche il punto di vista di chi sia portato ad apprezzare indistintamente una parte in maniera superiore dell'altra, come il fabbro che produce più facilmente e meglio delle forche per il Gramo che dei mulini per il Buono. Questo fa ragionare il lettore sulla possibilità di identificare una propria parte buona e una cattiva, potendo notare, anche dentro ognuno di noi, l'eterna lotta tra queste due metà. La problematica affrontata nel finale, la cui trama preferisco non raccontare per non dispiacere a chi volesse leggerlo, è certamente molto interessante. Quello che viene fuori, è l'impossibilità della sussistenza di una singola parte, che la vita, e quindi le decisioni di una persona, non possono essere vincolate solamente da una di queste due metà. Entrambe lavorano in una armonia, dettata da una prossimità reciproca, perché nessuna metà può essere considerata completa, proprio per sua definizione di metà. Con un cliché abbastanza noto, verrebbe da dire che il Male può esistere solo se esiste il Bene e viceversa, ma questo è limitativo: come mi è già capitato di fare presente, l'equilibrio sta nel mezzo, il giusto bilanciamento è la capacità critica di discernere da che parte far pendere lago della bilancia del nostro essere.
E se ci si sente solo una metà, cattiva o buona che sia, probabilmente è perché ancora non ci si è capiti bene.

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