mercoledì 30 marzo 2016

Pasqua dal Commodoro

Avevo promesso che ne avrei parlato, e non mi tirerò certo indietro.

Oggi voglio parlare del pranzo di Pasqua a casa del Commodoro. Non posso parlare apertamente della persona in oggetto perché non è il genere che ama molto apparire, quindi mi ha proposto lui di appellarsi in tal maniera. Per quanto stupido possa sembrare, anche a me. Voglio parlare di come io, essendo in condizione di dover passare la pasqua da solo, sia stato invitato a casa di questo mio amico, almeno per pranzo, e quindi a trascorrere una giornata in compagnia della sua famiglia. Il tema della famiglia è stato molto caldo nell'ultimo periodo, quindi non vi stupirete certo se vi dico che ho appositamente evitato di trattarlo quando era in pubblica evidenza. Non mi piace sollevare dei polveroni il cui scopo è solo fare litigare le persone, perché, per qualche assurdo motivo, il diritto di parlare esprimendo le proprie idee sembra sia concesso solamente a chi ha un certo tipo di idee, come a voler dire che solamente chi si fa andare bene un po' tutto possa parlare. Ma quando uno vede una cosa bella, vuole condividerla, no? Come ho già citato, la bellezza esiste solo se può essere condivisa, per cui oggi voglio parlare di una bella famiglia.
Il Commodoro, mi buon amico non ha certo una famiglia a prima vista speciale. Non venga presa come una critica questa, anzi trovo che abbia quella normalità che deve fungere da esempio per gli altri. Domenica a pranzo ho incontrato delle persone normali, ognuna con le proprie storie incredibili, legate da un affetto, e una complicità unica. È stato bello fare parte di quella realtà, anche se solo per poche ore, perché fa valere ancora di più il concetto di unità familiare, di focolare: permette di valorizzare le cose belle che tutti abbiamo nelle nostre famiglie. Mia madre si arrabbierà tantissimo mentre dico queste cose, sostenendo che dovevo passarla con la mia vera famiglia la Pasqua, ma vabbè.
Tutto questo mi ha fatto pensare che in fondo, il concetto di integrazione familiare è molto simile a come può essere il nostro pensiero nella società: bisogna essere aperti a ciò che è nuovo, essere curiosi e non opporsi prima di conoscere qualcosa; al tempo stesso però le nostre idee possono essere tanto valorizzate quanto più solida è la nostra base, proprio come una famiglia unità dà di sé un'immagine di solidità, le nostre convinzioni devono essere essere motivate e sostenute nel rispetto dei valori. Altrimenti saremmo tutti banderuole agitate dal vento, mosse dallo spirito secondo cui "ognuno è libero di fare ciò che vuole finché non urta la mia libertà".
Per cui grazie Commodoro. Una bella famiglia è sempre un'ottima fonte di ispirazione.

Sister Sledge - We Are Family

lunedì 28 marzo 2016

The Breakfast Club

Siamo tutti strani. Alcuni di noi però sono più bravi a nasconderlo, ecco tutto.

Intanto devo dire che è un po che non scrivo, ma penso che possa giustificarmi dicendo che ultimamente non avevo molto da dire, e sopratutto per quello che volevo dire non mi sentivo libero di poterlo fare. Detto questo, ci tengo ad augurare una buona Pasqua passata a tutti, con l'augurio migliore, cioè che le prossime vacanze saranno quelle estive. Quest'anno sta viaggiando veramente con una velocità impressionante, sarà che ho sempre qualcosa per la testa, ma non voglio parlare nuovamente di questo argomento.
Oggi è lunedì, e anche se è pasquetta sappiamo ormai che il lunedì c'è la recensione di un film. Ieri sera, infatti, ho guardato un film di culto degli anni 80 culto per modo di dire, in Italia è quasi sconosciuto perché è di culto in America, ma tanto io degli anni 80 in Italia non so niente, quindi.. ovvero The Breakfast Club.
La storia racconta di un gruppo di cinque ragazzi che si ritrovano a passare un sabato intero in punizione in biblioteca, con come compito dover scrivere un tema su loro stessi. Sono personaggi volutamente diversi tra di loro, accomunati da problemi simili. Una reginetta del ballo, un ribelle, un bullo sportivo, un nerd e una ragazza fuori di testa, si trovano a scontrarsi indossando le loro maschere abituali, i personaggi che recintano nella società in cui vivono, costretti ad un confronto forzato dalla prossimità. Gettando però ognuno di loro queste maschere, si scoprono più simili di quanto credessero, e individuano quello che loro pensano sia il loro problema comune, ovvero la società degli adulti. Perché, a loro parere, non vengono capiti, ognuno di loro sente la propria esistenza deviata, traviata in qualche modo dai desideri altrui imposti. Sostengono di non riuscire ad omologarsi all'interno della società in quanto essenze libere e pure, tanto è vero che il film finisce con la famosa dichiarazione:

Quello che abbiamo fatto è sbagliato. Ma pensiamo che sia pazzesco fare un tema che le dica chi siamo. Lei ci vede come vuole vederci, in poche parole, nelle definizioni che più le convengono. Ma quello che abbiamo scoperto è che ognuno di noi è: un cervello, e un atleta, e una fuori di testa, una principessa e un criminale. Questo risponde alla sua domanda?
Cordialmente, The Breakfast Club.


Questa glorificazione dei giovani e delle loro idee può essere di grande stimolo per le nuove generazioni, è un inno al non sentirsi discriminati perché si è fatti in un determinato modo, e questo è tanto giusto quanto di vedute limitate. La forza di questi giovani è la loro voglia di spaccare il mondo, ed è proprio in questo che gli adulti hanno il loro compito. I giovani, con le loro idee e la loro forza sono un'energia pura, una risorsa quasi infinita, come del materiale radioattivo che può diventare energia nucleare di un reattore o di una bomba. Sta agli adulti guidarli, incanalare i loro desideri, le loro passioni, e fargli rendere al massimo per quello che possono dare. Un giovane che si ribella al genere adulto perché non si sente capito, perché pensa che tutti gli adulti siano degli imbecilli, sarà utile alla società, e ancora di più a se stesso come del plutonio libero in natura. Capace di reagire solo con ciò che gli risulta essere prossimo, ma niente di più. La chiave di lettura quindi non deve essere quella che ognuno è perfetto per com'è, anzi. Bisogna sì accettarsi, ma cercare di capire come fare fruttare questa potenzialità in una società in cui bisogna vivere, volenti o nolenti.
Insomma, il film mi è piaciuto, ma forse sto invecchiando troppo in fretta. Mi piace questa posizione in cui riesco ad apprezzare la bellezza della gioventù e al tempo stesso cogliere i lati belli dell'essere adulti. Perché in fondo, cosa che non hanno ancora capito tutti i membri del Breakfast Club, nessuno si salva da solo.
Ma lo capiranno.

Simple Minds - Don't You (Forget About Me)

venerdì 18 marzo 2016

Il Visconte dimezzato

A volte uno si sente dimezzato, ma è soltanto giovane.

Recentemente ho recensito dei film, il che è molto facile e pratico oltre che poco impegnativo, mentre oggi voglio fare qualcosa di diverso, anche se non è la prima volta. Voglio recensire un libro. La lettura in questione è "Il Visconte dimezzato" di Calvino, letto sulla scia dell'entusiasmo provocatomi dalla lettura del "Barone Rampante" e non ne sono certo rimasto deluso. Un italiano impeccabile, uno stile accattivante e sufficientemente leggero da poter essere apprezzato da chi, come me, non sia particolarmente avvezzo alla lettura.
La storia narra del Visconte Medardo di Mezzalba, che andando in guerra si prende in pieno una cannonata  ("non gli spiegarono che i cannoni si attaccano da dietro o dal fianco, e non da davanti") e viene diviso perfettamente a metà, dalla testa all'inguine. Grazie a delle cure miracolose, ne riescono a salvare una parte, ma la metà che torna a casa è esclusivamente cattiva, compiendo ogni sorta di maleficio. Nella seconda parte del libro compare però l'altra metà, che degli stregoni avevano riportato in vita, che di contro si rivela essere buona, ponendosi in contrapposizione del "Gramo", come viene chiamata la metà cattiva.
Su questa struttura si costruisce una storia basata sulla più classica delle battaglie, quella tra il bene e il male, fornendo anche il punto di vista di chi sia portato ad apprezzare indistintamente una parte in maniera superiore dell'altra, come il fabbro che produce più facilmente e meglio delle forche per il Gramo che dei mulini per il Buono. Questo fa ragionare il lettore sulla possibilità di identificare una propria parte buona e una cattiva, potendo notare, anche dentro ognuno di noi, l'eterna lotta tra queste due metà. La problematica affrontata nel finale, la cui trama preferisco non raccontare per non dispiacere a chi volesse leggerlo, è certamente molto interessante. Quello che viene fuori, è l'impossibilità della sussistenza di una singola parte, che la vita, e quindi le decisioni di una persona, non possono essere vincolate solamente da una di queste due metà. Entrambe lavorano in una armonia, dettata da una prossimità reciproca, perché nessuna metà può essere considerata completa, proprio per sua definizione di metà. Con un cliché abbastanza noto, verrebbe da dire che il Male può esistere solo se esiste il Bene e viceversa, ma questo è limitativo: come mi è già capitato di fare presente, l'equilibrio sta nel mezzo, il giusto bilanciamento è la capacità critica di discernere da che parte far pendere lago della bilancia del nostro essere.
E se ci si sente solo una metà, cattiva o buona che sia, probabilmente è perché ancora non ci si è capiti bene.

La rana e i pesci

Perché ci capita di sentirci fuori luogo?

C'è un paragone che mi è sempre piaciuto, esemplificato da una situazione naturale, ottima rappresentazione della sensazione di essere fuori luogo. Una volta, quando lavoravo in azienda, prima di cominciare a fare quello che faccio adesso, dissi che mi sentivo come una rana in uno stagno pieno di pesci. Mi riferivo alla mia posizione, inadeguata all'epoca, per quello che facevo: non mi sentivo valorizzato per quello che sapevo fare. lo sapevo fare bene delle cose che però erano inutili, e meno bene quelle che invece dovevo fare: come una rana che si trova a nuotare in uno stagno, in mezzo ai pesci. Potrà nuotare bene finché vuole, in fondo è un anfibio, potrà vantarsi di saper girare bene anche al di fuori dell'acqua, ma non nuoterà mai bene come un pesce. Perché una rana non è pensata per farlo: un anfibio è un compromesso, non è qualcosa che va bene sia in acqua che al di fuori, è qualcosa che non crea grossi problemi in entrambe le situazioni. È un compromesso, una via di mezzo, non potrà mai quindi essere completo né in una nella nell'altra parte.
Mi piace pensare che mettermi in situazioni dove non mi trovo a mio agio mi faccia crescere. Questo è sicuramente vero, perché si impara un sacco dalle situazioni a cui non si è abituati, eppure bisogna fare anche i conti con la realtà. Ieri sera sono andato a un concerto metal folk, decisamente non l'ambiente di uno che gira con le giacche fatte su misura, però mi sono divertito. È stato qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo, rispetto alla vita che faccio normalmente. Mi è servito per capire che sì, si può venire incontro ai desideri degli altri e divertirsi, però ho anche capito che non ci può piacere tutto, perché ognuno è fatto a modo suo, ognuno ha i propri gusti e di conseguenza è attirato da cose diverse. Anche per le proprie capacità, che ci condizionano nei nostri gusti, e nei nostri comportamenti. Mi sono nuovamente sentito la rana, in mezzo a un sacco di pesci. Di nuovo mi sentivo superiore su certi versi inutili, e inferiore in tutto il resto.
La verità è che quindi non si può scendere a compromessi sempre su tutto, bisogna accettare che certe cose non si possono andare bene. La soluzione in cui tutti andiamo d'accordo, non è sempre praticabile, perché il mondo è popolato da specie diverse, con esigenze diverse. Proprio come le rane e pesci. Una rana potrà scegliere di entrare in acqua per difendersi da un predatore terrestre, oppure per cacciare del cibo, quindi sia con uno scopo difensivo che offensivo, ma non nuoterà mai bene come un pesce.
Perché è una rana, ed è quello che sa fare meglio.

883 - La rana e lo scorpione

mercoledì 9 marzo 2016

Il bel samaritano

Stamattina è stata una mattinata qualunque, ad eccezione di una cosa.

Oggi mi sono svegliato, come spesso accade ultimamente, sul lato giusto del mio letto. Per lato giusto intendo quello appoggiato al muro, non quello che mi farebbe cadere di sotto. In questo senso è piacevole svegliarsi, anche se la notte a volte ci sbatto contro. Ho fatto la mia bella colazione, stando attento a mettere la margarina sul pane e la colla al silicone sulla tavola da snowboard, evitando di invertire le cose perché, ovviamente, i lavori di bricolage si fanno mentre si mangia la mattina, tanto non starei seduto comunque. Sono uscito di casa e ho fatto tutto il mio bel viaggetto fino al lavoro, dove, vicino al mio parcheggio c'era una Punto che aveva un po' di difficoltà. Stava cercando di fare manovra, ma aveva visibilmente bruciato la frizione, quindi la signora al volante non riusciva nemmeno a parcheggiarla. L'ho guardata per circa un minuto, con l'interesse che si ha per chi non riesce ad effettuare un parcheggio, poi mi sono reso conto che la situazione di stallo non era dovuto ad una mancanza di abilità nella guida, quanto più a un problema tecnico. A questo punto mi sono deciso a scendere e dare una mano. Da bravo maschio macho, mi sono offerto, nonostante fossi vestito di tutto punto, di spingere la macchina fino alla posizione di sosta, poi ho aperto il cofano facendo vedere dove fosse il danno ovvero la frizione che fumava. È stata una cosa bella, sebbene mi sia ritrovato con le mani sporche, perché l'auto non era certo nuova, tanto meno pulita. Mi ha fatto sentire utile, mi ha dato modo di cominciare meglio la mia giornata, la possibilità di aver fatto la differenza nel giorno di qualcuno. Per quanto non possa essere così grande cosa spingere un'automobile in panne, è sempre un'occasione per potersi mettere a disposizione del proprio prossimo. Quando sono rimasto a piedi io, mi chiedevo come mai la gente non mi aiutasse, e ho sempre apprezzato chi l'ha fatto nel momento in cui io stesso avevo bisogno. Certo, non si può nemmeno dire che bisogna stare a cercare di aiutare tutti quelli che si incontrano, specialmente se si tratta di tipi loschi la notte che devono cercare di cambiare una gomma, perché magari li stanno solo cercando di derubarti, però se si ha la possibilità, è sempre qualcosa di molto carino, utile per chi aiutiamo, e gratificante per noi.
Vi farà passare meglio la giornata avere aiutato qualcuno, perché in certi momenti, l'unica cosa che possiamo fare per noi stessi, è cercare di aiutare gli altri.

Damon Albarn - Mr Tembo

martedì 8 marzo 2016

Un branco di leonesse

Donne, non puoi vivere con o senza di loro.

Oggi è la festa delle donne. Così, giusto per fare gli auguri a tutte le donne che leggono questi post. Penso che sia bello, come spiegavo oggi, poter dedicare una giornata alle donne: non per ricordarci che la violenza su di esse, come su chiunque altro, sia sbagliata, come molti pensano, quanto più per fornire una scusa. È bello pensare che in questa giornata si faccia un pensiero carino, un regalo, un rametto di mimosa anche trovato per terra ad una donna, fornendo così un pretesto per fare qualcosa di speciale, una spintarella ad essere più gentili nei confronti delle donne. Ah, le donne.
Si potrebbe scrivere un libro che comincia con questa frase, anche se sono convinto che ci sia già stato qualcuno che lo abbia già fatto. Per festeggiare questa ricorrenza odierna, e perché io sono un personaggio estremamente lungimirante e autolesionista, ieri sera mi sono messo a guardare un film che non poteva avere un titolo più appropriato. "The Women", che per chi non è avvezzo a termini anglosassoni, indica proprio l'intero genere femminile. Il concept del film è anche abbastanza interessante, ovvero mostrare la vita, le esperienze e le reazioni di tanti tipi diversi di donne nel mondo, senza però mai inquadrare un solo uomo per tutto il film. Queste donne parlano, interagiscono, vivono con degli uomini, ma si sentono al sicuro e sentono la libertà di espressione solamente quando si ritrovano tra amiche. Il loro mondo è qualcosa di incondivisibile, di difficile per un uomo da capire, questo spiega anche la mia espressione da lobotomizzato mentre guardavo il film, cercando di capire la logica che ci fosse dietro, nonostante nel mentre stessi stirando coi capelli legati. Diversi tipi di donne, accomunate da diverse reazioni ad eventi simili (tradimenti, licenziamenti, etc.) riescono a sopravvivere nella giungla urbana solo facendo gruppo, rimanendo un branco unito che lotta per la propria sopravvivenza. Questo è assolutamente encomiabile, e trovo che sia un bel messaggio da passare: la sussistenza del gruppo è di primaria importanza per una buona vita del singolo, un po' come le leonesse che cacciano in branco. Ho trovato molto bello anche il modo in cui si chiude il film, perché la scena finale è il parto di una delle protagoniste, dove viene dato alla luce un bimbo maschio. Questo rappresenta la capacità generativa, il ruolo fondamentale nella creazione della famiglia della donna, senza la quale tutto il sistema crolerebbe. In tutto questo gli uomini ci sono e non ci sono, rappresentano l'intelaiatura della società femminile, come i tondini di ferro annegati nel cemento armato dei piloni di un palazzo, la società. Non sono visibili, e nemmeno indispensabili, in alcuni casi, ma rendono più completa e stabile la struttura.
Per cui grazie, donne e mamme di tutto il mondo, per il vostro essere e il mondo che questa presenza crea.

P.s. il film è una puzzonata, non guardatelo.

Billy Joel - She's Always a Woman

lunedì 7 marzo 2016

Quell'appartamento con la porta blu

È un sacco che non recensisco un film.

Sono più che convinto che questo blog, oltre esprimere le mie impressioni sui pensieri che ho durante la giornata, considerato poi che penso troppo perché sono troppo spesso da solo, debba anche essere un sistema per far fare nuove esperienze le persone. Quello che ho in mente in questo momento è qualcosa che ho già fatto in passato, ovvero recensire un film. Ieri sera infatti era una serata tranquilla, non avevo certo voglia di uscire, anche perché era domenica sera. Dopo una buona cena, mi sono quindi messo davanti alla tv, a guardare un film. La scelta, con i sistemi moderni di cinema on demand, è sempre estremamente ampia, e va dalla commedia romantica alla scemenza più demenziale passando per i film di azione. Ultimamente, sto riscoprendo alcuni classici film, classici poi per modo di dire, stiamo sempre parlando dei primi anni 90/2000, specie quelli noti a tutti, ma che io, per un motivo o per un altro, non ho mai visto. Questa è la premessa con cui ieri sera ho cominciato a guardare Notting Hill. Lo so, per questo verrò preso in giro e deriso, ma essere curiosi è anche questo, è anche provare qualcosa al di fuori della propria sfera di interesse.
L'avevo già visto, a pezzi, un po' di anni fa, ma mai dall'inizio alla fine. Non avevo quindi mai avuto l'occasione di guardarlo nella sua interezza, ed essendo un film ben noto la mia generazione, volevo capire il motivo del suo successo. Ora, avendolo osservato tutto, ho avuto modo di capirlo, e farmi quindi un parere a riguardo.
Per chi non lo avesse visto, si tratta della storia di un'attrice famosa (Julia Roberts) che si innamora di una persona qualunque (Hugh Grant), che lavora in una libreria di viaggi, appunto a Notting Hill, quartiere storico di Londra. La storia tra loro è assolutamente surreale, perché lei è proveniente da un mondo, una realtà incompatibile con quella del libraio: questa storia però ha qualcosa, nel modo in cui sono raffigurati i personaggi, che la fa funzionare. Per come è stato scritto, per come è stato recitato, si riesce a notare un realismo, una rappresentazione similare della realtà dei rapporti umani e sentimentali. Mi spiego meglio: nei loro dialoghi, che sono scritti molto bene, non me ne vogliano gli anti romantici, le parole, i silenzi, le pause che intercorrono tra una domanda una risposta, forniscono una rappresentazione concreta di quello che nella realtà è un vero rapporto. I momenti più importanti di ogni dialogo, infatti, sono rappresentati dai silenzi, che danno modo, sia alle parti, che allo spettatore, di immaginare la possibile rosa delle risposte, esattamente come succede nella realtà. La risposta quindi che viene palesata, non è un qualcosa di inaspettato, non è la risposta giusta al momento giusto, almeno non solo, ma è una delle possibili risposte che si potevano dare. Esattamente come succede nella realtà, quando in momenti del genere abbiamo bisogno di pensare, prima di esprimere ciò che proviamo. In questo il film è assolutamente realistico, e ho apprezzato tantissimo che fosse fatto così. Inoltre, va considerato un ulteriore aspetto, sul quale io mi sto battendo tantissimo. Hugh Grant, in questo film, non appare come un piacione che qualsiasi donna vorrebbe avere, non con lo stereotipo che si potrebbe avere guardandolo con degli occhi da uomo, almeno. Appare come una persona semplice, circondata da amici un po' sfigati, ma tutti molto sinceri. Non ha paura di essere messo in discussione, non ha paura di rimanere in piedi per difendere la propria donna, perché è fedele a se stesso. Quel poco che ha, quel poco che è, lo conosce molto bene, e lo difende per questo. L'uomo macho di contro, che per un retaggio del passato gli uomini è ancora considerato come efficace, non produce quasi mai effetti sperati. È infatti facilmente smascherato dalle donne, che quanto più sono in alto, potenti e sicure di sé, tanta più sicurezza cercheranno in un loro pari. Essere fedeli a sé stessi, non recitare una parte, è il primo passo per poter piacere a una donna, questo il vecchio Hugh l'ha capito molto bene e lo mette in pratica anche meglio.
Il giudizio finale su questo film è sicuramente molto positivo. Il contesto, e la storia di fondo, quella che una recensione normale chiamerebbe la trama, sono assolutamente discutibili. Quello che però mi piace veramente tanto è il modo in cui le emozioni sono rappresentate, come le persone agiscano in determinate situazioni, persone normali. Voglio quindi chiudere con la frase più d'impatto del film, che non è quella che tutti citano, anche perché rappresenta al meglio il mio giudizio su questa pellicola.
È stato surreale, ma bello.

Ronan Keating - When You Say Nothing At All

sabato 5 marzo 2016

Uno in più

Happy birthday to you, happy birthday to me,
Non cambierà un granché, tanto sei sempre tu, sempre scemo così...

Una vecchia canzone degli 883 fa così, e ieri mi è tornata in mente parecchie volte. Sarà che da piccolo avevo l'album, e non avendone molti altri lo ascoltavo in continuazione, ma mi è sempre piaciuta quella canzone sui compleanni, più dell'anatema ufficiale quale tanti auguri a te. Perché, come i più attenti avevano già notato, ieri era il mio compleanno.
In passato non sono mai stato un grande fan del mio stesso compleanno, forse anche per la sensazione caratteristica che, crescendo, assumono tutte le feste comandate. Ci si aspetta sempre di più, che il natale, capodanno e il compleanno siano delle feste fantastiche, come ce le ricordavamo da bambini, ma crescendo questa gioia, questo entusiasmo, molto spesso lascia spazio alla delusione. Per questo, nel tempo, ho dato sempre meno importanza a questa evenienza, ma più per un meccanismo di autodifesa, che per un reale disinteresse nei confronti del mi genetriaco mi sento molto Carmen Consoli per avere usato questa parola. Insomma, sono anni che il mio compleanno non lo pubblicizzo e non lo festeggio in alcun modo, se non organizzando qualcosa per me, e me solo. Ieri sera infatti dovevo andare a casa di amici, perché avevamo una mezza idea di uscire/stare lì a fare delle chiacchiere, ma il piano è stato disatteso. Quando sono entrato, veramente non me l'aspettavo mi sono trovato davanti una stanza piena di miei amici che mi gridavano gli auguri. Sono rimasto stupito, non di entrare in una stanza dove la gente mi grida contro, questo succede più spesso di quanto crediate, ma che i miei amici si fossero presi l'impegno di organzzare qualcosa, a mia insaputa, solo per me. La sensazione che ho avuto è stata di grandissimo stupore, perché non mi ritengo un amico così buono che qualcuno possa pensare di fare qualcosa di così bello solo per me. E anche se ho finto confidenza, e moderato stupore, ero veramente commosso, al punto tale che mi sono dovuto trattenere con grande sforzo. Ho imparato a non aspettarmi molto, da questa festa, eppure mi sbagliavo. Ho sempre avuto paura di rimanere deluso, eppure evidentemente ho avuto la capacità di circondarmi di persone buone, che mi vogliono più bene di quanto io possa pensare. Queste persone ieri hanno fatto un grande sforzo per me, e mi hanno fatto capire che non ha senso cercare di cavarsela sempre da solo, di non aver paura di essere deluso mai dal nulla. Perché essere un gruppo è sempre meglio. Per cui, il post di oggi voglio dedicarlo a questi amici stupendi, che mi hanno fatto una sorpresa graditissima. Non aver portato una torta o delle bottiglie da bere, ma solo fatto di essersi presentati. Anche se per farmi questa sorpresa, hanno costituito un gruppo segreto di WhatsApp, fatto da tutti i miei amici, tranne me. Gruppo che hanno detto di utilizzare in futuro, per escludermi dalle prossime serate.
Ai miei amici, fonte d'ispirazione, in ogni genere di serata.

883 - Uno in +

mercoledì 2 marzo 2016

Un hamburger divino

Quella di ieri sera è stata una cena fantastica.

Ieri pomeriggio, dato che c'ero andato domenica e non lunedì, sono andato ad allenarmi al parco. Dopo un buon allenamento, preceduto da un'intensa giornata di lavoro, c'è sempre la gratificazione di farsi una bella cena. Sono molto attento nell'alimentazione, specialmente quando ho necessità di recuperare le forze, quindi cerco di compensare il bisogno proteico e energetico dell'allenamento con una cena adeguata, per cui quando ne ho l'occasione, cerco di fare una spesa in maniera tale da avere carne e carboidrati per la sera in cui mi vado ad allenare. Ieri sera avevo la fortuna di poter mangiare degli hamburger di vitello che avevo trovato in offerta. Dovete sapere che a casa mia non c'è molta selezione alimentare, non dovuta la poca conoscenza chimico/nutrizionale, che è una delle poche cose di cui mi posso vantare, bensì dettata dalle ristrettezze economiche. L'alimento principe, per quanto riguarda il mondo della carne, è il maiale, estremamente saporito, economico ma un po' stucchevole. Poter comprare quindi degli hamburger di vitello, solamente perché in offerta, è stata sicuramente una grande occasione per provare qualcosa di nuovo. Il risultato è stato sorprendente. Mi sono piaciuti tantissimo, erano estremamente saporiti, e dato che in casa mia non si butta via niente, proprio per le motivazioni sopra citate, sono riuscito a cuocere il sugo della pasta nel grasso di questi hamburger, lo so che fa schifo ma è molto saporito. Ovviamente il pensiero è stato quello di cominciare a prendere sempre solo hamburger di vitello, perché sono più buoni a tutti gli effetti, ma mi sono dovuto ravvedere subito, pensando che non fosse giusto. Sono abituato col maiale, che ormai è diventato il mio standard, e già per questo devo potermi ritenere fortunato, nei confronti di chi le proteine le deve assumere dalle uova o dai legumi che per inciso erano il contorno della cena di ieri sera. Penso di essermi goduto così tanto il vitello solamente perché era qualcosa di straordinario, infatti gli hamburger di McDonald's sono anche essi stessi di vitello, ma li mangio talmente spesso che non ci faccio nemmeno più caso a quel genere di sapore.
Siamo abituati a delle cose normali, il nostro livello può salire, ma bisogna sempre riconoscere quando qualcosa sia speciale, e tenerlo come tale, tenendosi stretta questa sensazione. Non bisogna avere la presunzione di rendere ordinario ciò che è speciale, perché se ne perde il senso, e quindi viene meno la specialità. Per cui continuerò con il mio maiale, e la mia alimentazione a base di materiale più che edibile direi edile.
Non voglio negarmi da solo la gioia di vedere quando il vitello sarà di nuovo in offerta.