lunedì 11 gennaio 2016

La fine del lieto fine

Che fine hanno fatto le storie con il "lieto fine"?

Ieri sera ragionavo proprio su questo, dopo aver guardato l'ennesimo film e l'ennesima serie tv che si chiude con un colpo di scena sensazionale, ma che lascia perplessi i fan più romantici. Mi capita sempre più spesso di parlare con persone disilluse dall'idea che il lieto fine sia qualcosa di reale, che possa succedere per davvero. E non sto parlando solo dell'opportunità che succeda qualcosa di bello, ma anche di un sonoro, quanto speranzoso e vissero per sempre felici e contenti. Cosa ci ha portato a dimenticare questa frase?
Trovo che la necessità di sperare che qualcosa di bello possa succedere vada oltre la convenzionale pazienza e lo stimato buonsenso: è infatti qualcosa di istintivo, non certo una scelta. Dei possibili scenari che costituiscono il nostro futuro, quello da noi desiderato è probabilmente quello in cui cui la prospettiva è quanto più rosea. Siamo ottimisti di natura, e se pessimisti, lo siamo per scelta. Ma bisogna capire di chi sia questa scelta, se nostra o dettata da convenzioni sociali, se interiore o trasposta. Il cinismo e il pessimismo sono dei meccanismi di difesa, dettati dalla paura che qualcosa di bello non possa succedere anche solo per il fatto che esiste una possibilità che le condizioni che ci porterebbero ai nostri obiettivi non si verifichino. Ma come può essere possibile che poi succeda se nemmeno noi ci speriamo? Perché la speranza si manifesta in una serie di azioni, pensieri e opere che definiscono il risultato finale. L'ottimismo è propositivo, attivo, il pessimismo passivo e disillusionale. Per cui non devo chiedere il permesso a nessuno se mi da fastidio che nemmeno negli esempi di massa che abbiamo oggigiorno, non ci sia l'idea che le cose belle succedono. Non sarà una rappresentazione fedele della realtà, perché non bisogna nemmeno negare che le avversità esistano, ma la gente ha bisogno di sperare. Ha bisogno di credere che in mezzo alla pochezza morale e alla corruzione dei costumi, che sono il simbolo di questa epoca, possa crescere la speranza di qualcosa di bello. E magari sarà anche solo un fiore in mezzo ad una terra creduta sterile e ricoperta di rifiuti, ringrazio Wall-E per l'esempio ma ci basterà. Basterà a far credere di nuovo una persona, o più persone, che sapendo che qualcosa di bello può succedere, vivranno in maniera più consapevole.
Magari io mi sbaglio, e resterò deluso più volte di chi invece non prova nemmeno per la paura di fallire. Ma se esiste una scala, da 1 a 10, di chi spera che qualcosa di bello succeda, io voglio essere il 10. Per me, perché vivo meglio, e per chi sta vicino a me, perché l'altrui esempio dà speranza e fiducia.
Perché è impossibile avere un lieto fine se non si crede nelle favole.

Nessun commento:

Posta un commento