sabato 17 ottobre 2015

Inside Out

Ciò che è dentro, fuori.
Sì, mi rendo conto che in italiano non rende bene come in inglese. Sto ovviamente parlando dell'ultimo film della Disney, come al solito colossale produzione appannata dalla presenza di manifesti e gadget in ogni forma e dimensione, ma soprattutto luogo. Troppo spesso la casa di produzione americana di cartoni ha esagerato ultimamente con la promozione. Ma in fondo si tratta di business, quindi ci può stare. Pensiamo un attimo al film della Lego dove tutti i personaggi sono acquistabili nel loro set.
Ma non voglio parlare di come molto spesso si facciano film per bambini perché i pupazzi vengono bene, o perché sono più volubili degli adulti nell'avere la loro attenzione catturata da immagini lucenti. Voglio parlare del film. Perché mi ha colpito molto, ma voglio spiegarvi il perché. Dopo essersi chiesti se i giocattoli, gli insetti, i supereroi, i pesci, i mostri, le auto, gli aerei chi più ne ha più ne metta avessero i sentimenti, hanno deciso di parlare direttamente dei sentimenti, in prima persona. Dando un'immagine di ciò che è astratto per definizione. L'ho trovato semplicemente geniale. Diventa tutto più semplice quando ci riesce a figurare le cose, dando un volto a ciò che risulta spesso indescrivibile.
Nel cervello secondo Pixar, quindi, ci sono 5 personaggi, rappresentativi del corrispondente sentimento: gioia, rabbia, disgusto, paura e tristezza. Ci permettono di vivere e relazionarci con gli altri, avendo un effetto più o meno importante sui nostri ricordi, che vengono catalogati come costruiti da uno di queste cinque entità. In un bambino, come nel film, il sentimento predominante è Gioia, perché è la fase dell'innocenza in cui si stanno costruendo i cosiddetti ricordi base, ma crescendo una parte può prendere il sopravvento sulle altre.
Ora, non vi voglio raccontare la storia perché penso che sia bello da vedere, ma sicuramente mi ha fatto pensare a me stesso. Sì, con i miei sbalzi d'umore e le mie ansie, la gioia improvvisa e la tristezza più profonda mi sembra che al mio comando centrale ci sia una gran confusione, in cui tutti e cinque vogliono stare al posto di comando. Ci sono dei periodi in cui predomina rabbia, altri spesso in cui comanda tristezza, ma quello che da speranza è sempre che c'è gioia. Nei momenti in cui c'è gioia si sente, mi sento motivato in quello che faccio. Dovendo riassumere in una sola espressione, o metafora che dir si voglia, quando comanda Gioia, sentiamo di essere sulla strada giusta, con quella bella sensazione che quello che si sta facendo sia corretto. Che è una sensazione bellissima, la propria approvazione.
Ho avuto però anche l'impressione che mancasse un personaggio in questo scenario rappresentativo surreale. Trovo infatti che mancasse la motivazione, ciò che realmente ci spinge a fare le cose. Perché è vero che i sentimenti sono il tramite delle nostre azioni, ma solo l'amore ci spinge a farle. Sì, sto parlando di un Amore generale, sotto tutte le sue tante forme, da quello per sé stessi, a quello per un oggetto o una persona. Il film ha centrato le basi del processo cognitivo, ovvero cosa si prova mentre si fa qualcosa, ma non il perché. È anche per questo che non sento prevalere uno dei cinque pupetti del film, nel mio di processo cognitivo. Quello che sento, è tutto motivato da un principio base, che può portare alla semplice sopravvivenza fino al desiderio di una vita migliore, è regolato dall'amore. Certo, sarebbe stato difficile rendere l'idea di un personaggio, superiore agli altri, che rappresentasse l'amore. A mio avviso, per quanto complicato però, avrebbe reso una migliore interpretazione di come funziona il cervello umano nei suoi processi cognitivi e cogitativi.
Perché non è giusto sapere il come succedono le cose se non ne sappiamo il perché.

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