venerdì 30 ottobre 2015

Dr.Hyde e Mr.Jekyll

Tutti noi abbiamo un nostro lato oscuro.
Bam, non ve lo aspettate un ingresso di questo genere, vero? Quello che voglio dire, è che molto spesso la caratterizzazione di una persona passa per dei lati della nostra personalità che non sono sempre evidenti. Il termine lato oscuro, almeno per come è inteso qui, non ha sempre una accezione negativa, non si tratta quindi sempre di qualcosa che vogliamo nascondere perché brutto, pericoloso o tormentato. A mio parere, la qualifica di oscuro è dovuta alla interiorità di questo lato molto personale, come scendendo nelle profondità degli abissi la luce fa sempre più fatica ad entrare. Ma non per questo nelle profondità abissali succedono cose brutte, al massimo buie.
È quindi perfettamente normale che la personalità di qualcuno sia composta da lati non perfettamente evidenti. Io sono un esperto in materia, non dal punto di vista clinico/psicologico ma dal punto di vista diagnostico, in quanto ho tutte le mie belle psicosi che non sono evidenti e mi rendono una persona estremamente interessante cerchiamo di tirare fuori qualcosa di buono, se no sono solamente pazzo. Tutti abbiamo delle cose che ci disturbano, e chi soffre di disturbi ossessivi compulsivi (OCD) lo sa bene. Avevo un amico a cui davano fastidio le monete da 20 cent, non chiedete, è meglio, e a me disturba vedere i tombini per strada che dopo essere stati rimossi non sono stati riposizionati come erano prima, per cui magari le linee stradali sono storte. Mi rendo conto che siano manie, che ognuno vive a modo suo, facendosi condizionare nella propria vita da questo o meno, che è il grosso spartiacque tra chi è pazzo per davvero e chi non lo è. Perché nella cultura moderna c'è una grande facilità nel descrivere un atteggiamento come un disturbo del comportamento. L'abuso che c'era nel 19esimo secolo della diagnosi di "isteria" è molto simile a quella che nel 21esimo abbiamo per la "depressione", che ormai è la diagnosi base per tutto. Un ottimo esempio che si può fornire in merito di arriva dal pluripremiato film "Il lato positivo", la cui morale è che in fondo siamo tutti pazzi, ma solo alcune pazzie sono socialmente accettabili.
La verità, e questo è la pratica clinica che ce lo insegna, è che una psicosi non è riconosciuta come problematica fino al momento in cui non ci impedisce di condurre una vita normale. Sentire le voci non è un problema, il problema sorge se questo ti impedisce di uscire di casa. Il che è un controsenso, perché se ci pensate significa che esistono molti gradi diversi di normalità, non un unico, grosso, standard in cui rientra la maggior parte delle persone.
Come dire che, ognuno a modo suo, se lo guardi da vicino, nessuno è normale.

lunedì 26 ottobre 2015

#Escile

Non mi ritengo una persona particolarmente social.
Per carità, apprezzo tutto quello che i social portano, la possibilità di rimanere in contatto con persone care lontane o sconosciuti tanto famosi quanto altrimenti irraggiungibili. Tendo a non frequentarli molto, perché non amo non poter controllare le informazioni che finiscono in maniera pubblica su internet, che mi riguardano. Per questo ho aperto un blog in cui parlo di me, con la mia tipica coerenza. Tendo ad avere anche una cultura abbastanza internazionale, infatti preferisco guardare le notizie non dai quotidiani nazionali, ma dai social stranieri. Questo, mi preclude molte volte delle notizie che spopolano sul web nazionale, che però, per ovvi motivi, vengono ignorate dai media stranieri. Capirete il mio stupore, quando vi spiegherò il motivo del titolo di questo post. La realtà è che sono venuto a sapere di questo hashtag ormai celebre solamente una settimana fa, e la cosa non mi ha lasciato del tutto indifferente. Non è certo la prima volta che un hashtag ho un argomento a livello sessuale raggiunge vette così alte, soprattutto a livello di conoscenza umana. Basti pensare a quando Kim Kardashian provò a "rompere Internet", oppure al filmato di Paris Hilton, oppure al filmato di Belen. Insomma, basta solamente inserire un argomento che faccio impazzire gli uomini in un bar, e internet non farà che parlarne. #Escile però, è qualcosa di tipicamente italiano.
Quello che mi piace fare e analizzare i risvolti sociali di queste episodi, soprattutto cosa significa il fatto che una parola scritta peraltro in italiano non del tutto corretto raggiunga un livello di fama così importante da offuscare le notizie riguardanti il presidente del Consiglio. Va anche ricordato che il verbo uscire non è transitivo quindi non si può associare a qualcosa, seppur sappiamo e conosciamo tutti persone che lo usano in tal maniera. È bizzarro come diventi famoso quasi più qualcosa che è sbagliato, anche dal punto di vista grammaticale, piuttosto qualcosa che di concerto.
La domanda, subito dopo quella riguardante di che cosa si tratti questo hashtag famoso, ovvero di chiedere a una modella di mostrare il seno, diventa subito come sia possibile che diventi così famoso un argomento del genere. Siamo veramente diventati così poveri di contenuti, materialisti e immorali che una donna che mostra il seno ci può svoltare la giornata? Non sono certo la persona più morale di questo pianeta, chi mi conosce lo sa, e soprattutto non so resistere al fascino di una bella donna. Trova però che sia assurdo il clamore mediatico che si è creata attorno a questa cosa. Un po' come stata la barzelletta di Berlusconi riguardante il bunga bunga, ormai diventato diventato termine di uso internazionale per descrivere il nostro premier, oppure i suoi loschi festini. Se una cosa nasce con una battuta, dovrebbe rimanere tale, senza essere snaturata dal contesto in cui è nata. In realtà il problema è realisticamente pleonastico come sempre adoro questo usare questo termine, tutto ciò che fa ridere infatti su Twitter, Facebook e tutti gli altri social, ha una durata di tempo estremamente limitato in termini di attenzione dedicato dagli utenti. Mi auguro quindi che anche questo finisca nel dimenticatoio velocemente come il Gangnam style, il gatto Virgola, le capre che urlano, il video di Belen, il video di Kim Kardashian, e tutte le altre cose inutili che abbiamo guardato negli ultimi anni, senza le quali avremmo vissuto in maniera assolutamente identica a come viviamo adesso.
Anche se ammetto che alcuni commenti me lo hanno strappato un sorriso.

Lupi nella nebbia

Ultimamente ho un po' di pensieri.
In realtà chi mi conosce bene, lo sa già, e chi non mi conosce ma legge qui, lo avrà capito dall'assenza dalla scrittura di questa allegra pagina. Non mi va molto di parlare dei miei problemi personali sul blog, ma inevitabilmente spesso mi capita di farlo. Non starò quindi ad elencare tutte le cose che non vanno ultimamente, di ciò che mi tiene sveglio la notte, anche se proprio non è del tutto vero che rimango sveglio la notte perché dormo comunque come un sasso, perché sono un grande sostenitore dell' antico proverbio secondo il quale i panni sporchi si lavano in famiglia. Secondo me infatti ognuno deve reagire alle proprie problematiche in maniera autonoma, personale, con l'aiuto di pochi stretti collaboratori fidati. Quello che dovevo dire l'ho già detto, per cui voglio parlare della mia reazione.
Come molti sapranno, sono un ottimista. Non lo sono sempre stato, ma sono molto fiero di quello che sono diventato. E oggi voglio parlare di questo, della capacità di uscire un lunedì mattina di nebbia come oggi, col sorriso sulla faccia. Non è dovuto all'inconsapevolezza di quello che si sta facendo, o ad un menefreghismo, è la capacità di cercare di cogliere il lato migliore di tutte le situazioni. Magari questo lato è in sofferenza rispetto agli altri, soprattutto nelle situazioni peggiori, però esiste, sempre. Per quanto possa sembrare insormontabile un problema, si può sempre vedere un lato positivo. Io ho i miei problemi, come tutti, ma ho parte attiva. Questa è una cosa che non bisogna dimenticare mai, ovvero la capacità di essere parte attiva nella nostra vita. Ciò significa solamente, e totalmente, che possiamo fare qualcosa. Questo qualcosa può non essere sufficiente a volte per raggiungere il nostro scopo, ma abbiamo la capacità di farlo. Dobbiamo essere contenti per quel poco che possiamo fare, proprio come si dice ai bambini. Quante volte abbiamo sentito l'espressione secondo la quale non è importante vincere, l'importante è partecipare? Secondo me questa espressione non è del tutto corretta, dovrebbe essere espressa dicendo che l'importante non è vincere, è aver dato il massimo. Non si possono avere infatti rimpianti nel momento in cui si sa di aver dato il 100% in qualcosa. È questo che mi fa essere ottimista, che mi dà la forza in giornate grigie come questa di sorridere, senza nemmeno tanto sforzo.
Stamattina mi sono svegliato volendo dare il massimo in questa giornata, con tutte le persone con cui avrò la fortuna di parlare, volendo essere la versione migliore di me. Perché cose belle succedono a chi sorride.

sabato 17 ottobre 2015

Inside Out

Ciò che è dentro, fuori.
Sì, mi rendo conto che in italiano non rende bene come in inglese. Sto ovviamente parlando dell'ultimo film della Disney, come al solito colossale produzione appannata dalla presenza di manifesti e gadget in ogni forma e dimensione, ma soprattutto luogo. Troppo spesso la casa di produzione americana di cartoni ha esagerato ultimamente con la promozione. Ma in fondo si tratta di business, quindi ci può stare. Pensiamo un attimo al film della Lego dove tutti i personaggi sono acquistabili nel loro set.
Ma non voglio parlare di come molto spesso si facciano film per bambini perché i pupazzi vengono bene, o perché sono più volubili degli adulti nell'avere la loro attenzione catturata da immagini lucenti. Voglio parlare del film. Perché mi ha colpito molto, ma voglio spiegarvi il perché. Dopo essersi chiesti se i giocattoli, gli insetti, i supereroi, i pesci, i mostri, le auto, gli aerei chi più ne ha più ne metta avessero i sentimenti, hanno deciso di parlare direttamente dei sentimenti, in prima persona. Dando un'immagine di ciò che è astratto per definizione. L'ho trovato semplicemente geniale. Diventa tutto più semplice quando ci riesce a figurare le cose, dando un volto a ciò che risulta spesso indescrivibile.
Nel cervello secondo Pixar, quindi, ci sono 5 personaggi, rappresentativi del corrispondente sentimento: gioia, rabbia, disgusto, paura e tristezza. Ci permettono di vivere e relazionarci con gli altri, avendo un effetto più o meno importante sui nostri ricordi, che vengono catalogati come costruiti da uno di queste cinque entità. In un bambino, come nel film, il sentimento predominante è Gioia, perché è la fase dell'innocenza in cui si stanno costruendo i cosiddetti ricordi base, ma crescendo una parte può prendere il sopravvento sulle altre.
Ora, non vi voglio raccontare la storia perché penso che sia bello da vedere, ma sicuramente mi ha fatto pensare a me stesso. Sì, con i miei sbalzi d'umore e le mie ansie, la gioia improvvisa e la tristezza più profonda mi sembra che al mio comando centrale ci sia una gran confusione, in cui tutti e cinque vogliono stare al posto di comando. Ci sono dei periodi in cui predomina rabbia, altri spesso in cui comanda tristezza, ma quello che da speranza è sempre che c'è gioia. Nei momenti in cui c'è gioia si sente, mi sento motivato in quello che faccio. Dovendo riassumere in una sola espressione, o metafora che dir si voglia, quando comanda Gioia, sentiamo di essere sulla strada giusta, con quella bella sensazione che quello che si sta facendo sia corretto. Che è una sensazione bellissima, la propria approvazione.
Ho avuto però anche l'impressione che mancasse un personaggio in questo scenario rappresentativo surreale. Trovo infatti che mancasse la motivazione, ciò che realmente ci spinge a fare le cose. Perché è vero che i sentimenti sono il tramite delle nostre azioni, ma solo l'amore ci spinge a farle. Sì, sto parlando di un Amore generale, sotto tutte le sue tante forme, da quello per sé stessi, a quello per un oggetto o una persona. Il film ha centrato le basi del processo cognitivo, ovvero cosa si prova mentre si fa qualcosa, ma non il perché. È anche per questo che non sento prevalere uno dei cinque pupetti del film, nel mio di processo cognitivo. Quello che sento, è tutto motivato da un principio base, che può portare alla semplice sopravvivenza fino al desiderio di una vita migliore, è regolato dall'amore. Certo, sarebbe stato difficile rendere l'idea di un personaggio, superiore agli altri, che rappresentasse l'amore. A mio avviso, per quanto complicato però, avrebbe reso una migliore interpretazione di come funziona il cervello umano nei suoi processi cognitivi e cogitativi.
Perché non è giusto sapere il come succedono le cose se non ne sappiamo il perché.

giovedì 15 ottobre 2015

Io te l'avevo detto

Stamattina, mi sono svegliato con un pensiero particolare. È un po' che ci faccio caso a questa coincidenza, ma mi capita sempre di finire a pensare questa cosa, per cui mi sono finalmente deciso di mettermi a scriverla.
Stamattina, come dicevo, mi sono svegliato leggendo un messaggio abbastanza particolare. Si tratta del messaggio di una mia amica, che come previsto, mi dice che per la montagna di quest'anno non si riesce a fare niente. Avevamo infatti in programma di andare tutti assieme a sciare, prendendo una casa in affitto, con un sicuro divertimento garantito. I lettori più assidui, o semplicemente più attenti, ricorderanno che avevo già discusso dell'argomento. Avevo infatti deciso di andare in vacanza da solo proprio per evitare questa eventualità. Il fatto che la mia amica mi abbia confermato ciò che pensavo già da un mese e mezzo, è stata uno di quei momenti in cui capisci di avere ragione per qualcosa di detto molto tempo fa. La classica situazione da "te l'avevo detto".
Da bravo ingegnere, ma più che altro da persona pignola, sono un grande amante di questa frase. Avere ragione è sempre una sensazione piacevole, ma non per questo questo sentimento va esternato. Non fraintendetemi, difficilmente mi capita di avere ragione su qualcosa, specialmente con le donne, ma questo non significa che non possa godermi i rari momenti in cui capita. In questa evenienza però, un vecchio monito mi ritorna in mente. Recita così:

Nelle occasioni in cui abbiamo pensato di dire "te lo avevo detto", non si dice mai.

La prima volta che l'ho sentito, mi ha fatto particolarmente strano, perché è, nella maniera più generalista possibile, vero. In fondo, se si pensa bene al contesto di un te lo avevo detto ben assestato, ci si rende subito conto che non si tratta di una normale condizione in cui si accetta la sconfitta in maniera blanda. Si tratta infatti di condizioni in cui la sconfitta, o avere torto che dir si voglia, comporta una delusione, oltre che la semplice mancanza di ragione. Sappiamo che le persone che pensiamo abbiano torto potrebbero rimanerci male, e quindi, nel momento in cui questo avviene, non abbiamo il cuore di rinfacciarlo. Se infatti lo facciamo, non viene esercitato come il gesto di superiorità intellettuale che avevamo immaginato, bensì in maniera sommessa, quasi sottovoce, lo diciamo.
Avere ragione è sempre bello, ma non occorre stravincere, si può fare con stile. Oh, io ve l'ho detto.

lunedì 12 ottobre 2015

Scotty still doesn't know

Possibile che, nonostante siano passati 10 anni, Scotty ancora non lo sappia?

Questa, stamattina, è stata la prima domanda seria che mi sono posto. Ok, si potrebbe anche dire che non è proprio una domanda seria, soprattutto per quanto riguarda l'argomento di cui tratta. In realtà la mattina non è che penso delle cose molto intelligenti, al massimo arrivo a dimenticarmi dove ho messo lo spazzolino ieri sera, mentre mi lavavo i denti parlando al telefono, eppure ascoltando questa canzone, in macchina, per darmi la carica del lunedì in modalità snowboard, mi sono posto questa domanda. Infatti è partita la canzone Scotty doesn't know dei Lustra, tratta dal film Eurotrip. Il film, ambientato nei primi anni 2000, inizia con questo simpatico sipario, ovvero del fatto che c'è un ragazzo di nome Scotty, la cui ragazza lo tradisce ripetutamente con più persone, tra cui un cantante di una band, che decide di fare un intero concerto dedicando una canzone al fatto che Scotty non sappia che lei lo tradisce. Il gesto risulta essere talmente plateale, che quasi diventa simpatico, anche per il fatto che la musica della canzone risulta essere particolarmente orecchiabile.
Questo mi ha fatto pensare a un argomento di cui avevo già discusso, ovvero la capacità di andare avanti nella propria vita, pur non avendo informazioni certe sul tutto. Sto parlando di quelle situazioni che magari si sono chiuse in maniera improvvisa, senza avere informazioni definite sul perché i fatti siano andati in quella determinata maniera. Certe volte ci troviamo nella situazione di doverci rassegnare al fatto che non possiamo sapere tutto di com'è andato il nostro passato, e non potremo mai saperlo, proprio per la maniera in cui si sono chiuse le cose. Un tradimento, una delusione, una risposta che non è mai arrivata, su cui aleggia una nube di grigio mistero. Il fatto che dopo 10 anni Scotty ancora non lo sappia è il simbolo di tutti noi, nella capacità di andare avanti nonostante non si sappia tutto di quello che è successo. È proprio qui la forza di Scotty, perché lui, nel film, riesce a trovare la sua strada, e addirittura imparare da quest'esperienza.
Si tratta di dare il giusto peso alle giuste cose, non è importante sapere se una determinata persona ha tradito oppure no, perché il passato è già scritto, definito in maniera immutabile. Quello su cui possiamo avere azione è il presente, e agire di conseguenza. Non ha quindi senso passare il proprio presente a chiedersi come sia andato il passato veramente.
Scotty quindi non lo sa ancora, dopo più di dieci anni, e forse non lo saprà mai. Ma la sua vita è andata avanti. Nel migliore dei modi.

giovedì 1 ottobre 2015

Scusate le spalle

Conviene davvero avere le spalle larghe nella vita?

Vorrei ripetere un concetto su cui mi ero già espresso.
Sì, lo so che non dovrei, perché rischio di essere ripetitivo, ma per me scrivere è anche questo. La possibilità di mettere su carta i miei pensieri mi permette di mettere in pausa un pensiero per poi riprenderlo, e rielaborarlo in funzione di ciò che mi capita, di quello che penso. Avere già espresso un concetto, quindi, diventa un punto di partenza per quello che può essere considerata come la naturale evoluzione di un pensiero. Andiamo con ordine, quindi.
Sto parlando del post riguardante i limiti delle persone, e del concetto che secondo me diventare grandi significhi non mostrare mai quanto uno si possa arrabbiare. Nel vecchio post, il significato di questa affermazione serviva da esempio sulla poca produttività di svelare troppo velocemente le proprie carte, insomma, mostrarsi nell'interezza fin da subito. Non pensate che io abbia cambiato idea, ma voglio analizzare assieme a voi un altro aspetto, altrettanto degno di nota, di questo argomento. Ovvero il modo in cui si manifesta questa caratteristica, non solo lo scopo.
Cresciamo prendendo come modello, come esempio, le persone più grandi. Impariamo da chi ne sa più di noi, per dirla come farebbe il vecchio Isacco Newton "saliamo sulle spalle dei giganti per vedere più lontanto". Ci appoggiamo a chi ci può aiutare, con il sogno che un giorno avremo noi stessi le spalle così larghe da poterci aiutare da noi stessi. Con l'idea che se abbiamo delle delusioni, i nostri piccoli fallimenti, un giorno sarà diverso, perché sapremo cavarcela da soli. Mio padre non voleva che la mia cartella di scuola fosse pesante, ma non perché pensava mi facesse male alla schiena, quanto più perché mi sarebbero venute "le spalle come una bottiglia di ferrarelle". Cercate di capire il mio disagio con questo argomento, dati i presupposti.
Dato che alla fine le spalle larghe mi sono arrivate, sia fisicamente non certo gratis come si fa credere in giro ma ammazzandosi di esercizio, che moralmente, ora posso analizzare la mia posizione anche in funzione di quello che mi sembrava necessitare. Si potrebbe pensare che più si hanno le spalle larghe, meglio sia, ma non sono del tutto d'accordo. Penso che la larghezza giusta sia sempre quella giusta per l'occasione. Mi spiego meglio: non è sempre necessario mostrare di averle, le spalle larghe, ma solo quando ci è richiesto, e nella misura richiesta, non di più. Perché a volere esagerare si rischia di passare da persona giusta a persona fuori luogo per una determinata attività/mansione. Non ha quindi senso volere essere, ad esempio, la persona più intelligente di una stanza, perché, come dice Richard Branson che è sicuramente discutibile come personaggio, ma a meno che anche voi non abbiate fatto come lui kitesurf con una modella nuda attaccata sulla schiena il vostro argomento non è valido, "se capisci di essere la persona più intelligente nella stanza, allora hai sbagliato stanza".
La gente deve poter contare su di noi, ma solo quando ne ha bisogno. Siamo giganti a chiamata.