lunedì 31 agosto 2015

In fila con i disillusi

Cosa significa l'aggettivo "disilluso"?

Ieri stavo ragionando sul concetto di "disillusione". Ora, non pensiate che io sia un depresso cronico o un alto letterato che usa termini forbiti "disilluso" l'ho imparato un paio di mesi fa, mentre "forbito" poco prima, ma mi interessava il concetto di chi non ripone speranza. Mi veniva in mente questo discorso perché si parlava di politica, gestione di questo strano paese in cui viviamo, che ha delle regolamentazioni proprie, assolutamente inconcepibili per chi non ne fa parte. In realtà noi ne facciamo parte, di questo sistema particolare, e dato che abbiamo sempre fatto così ci siamo anche abituati ad esso, per quanto strano e assurdo sia. Ci siamo abituati all'idea e non mi escludo dalla moltitudine che la pensa così che niente mai cambierà, per cui si depongono poche speranze nei confronti di un futuro migliore. Ecco, tutto questo per dimostrare, oltre che per spiegare, la disillisione. La consapevolezza, ovviamente pessimistica, che se le cose vanno male è perché sono sempre andate male fino ad ora. È una mancanza di speranza, ma essendo la speranza il cardine di ogni cosa bella, il concetto di disillusione si può applicare a qualsiasi ambito.
Nel mio caso trattasi di una concezione politica, quindi limitata ad una sfera di relativo interesse, mentre per molte persone, purtroppo, trattasi di una disillusione amorosa. La credenza che dato che non è mai successo niente di bello, necessariamente non succederà niente è una visione sul futuro estremamente limitata, se non oppressiva. Ora, io capisco di essere la prova vivente che le cose belle accadono, anche a chi non se le merita come me e con questo voglio dire che non ha senso perdere la speranza in ciò che deve ancora accadere. La mia disillusione politica mi impedisce di interessarmi ad un mondo che mi riguarda, mentre l'altrui disillusione amorosa impedisce di vivere un'esperienza totalizzante quale la vita di coppia. Non ha quindi senso prepararsi psicologicamente al fatto che niente di bello possa succedere, perché si arriva ad una situazione simile al paradosso dell'ateo di Pascal (quello secondo cui un ateo sostiene che non esista la vita dopo la morte: se esite non è messo bene, se non esiste ha ragione ma non ci guadagna nulla). Pensare che non succederà mai niente di bello porta solo come conseguenza al fatto che questa eventualità si verifichi. E non si può certo considerare un successo, questo.
La disillisione amorosa è uno dei mali del nostro tempo, in cui c'è sempre più paura ad impegnarsi, c'è meno considerazione del concetto di unione, in cui l'espressione "per sempre" equivale a dire "finché qualcosa non va storto o cambia". Una volta ho sentito una frase bellissima di una coppia di anziani, che nello spiegare il segreto della longevità della loro relazione, dicevano così:
Siamo cresciuti in un epoca in cui, se qualcosa si rompeva, si cercava di ripararlo prima di pensare di cambiare.
Semplice, toccante, vero. Il problema che riguarda chi non la pensa così è lo stesso dei disillusi: mancanza di impegno, di credere in qualcosa di superiore. Come me che non faccio niente, nemmeno indignarmi, davanti alle ingiustizie, anche chi è disilluso/a nei confronti dei rapporti di coppia deve rivedere la propria posizione. Per questo è particolarmente significativa l'immagine di una fila di disillusi, resa celebre dalla canzone "A te" di Jovanotti. Perché ce li si immagina tutti in fila indiana, con la testa bassa, già privati dell'ultima cosa che muore.
La speranza.

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