lunedì 31 agosto 2015

Ho perso le parole

Cari lettori,
inizia una nuova settimana. Mi scuso in anticipo se stamattina non sono particolarmente brillante, ma mi sono svegliato dalla parte sbagliata del letto, e non ne vado particolarmente fiero. Sì, io che amo in maniera particolare i lunedì stamattina non sono brillante come al solito. Il che è curioso, perché il mio letto è appoggiato ad un muro problemi di sonnambulismo, non chiedete quindi per me svegliarmi dalla cosiddetta parte sbagliata del letto significa sbattere il muso contro il muro. Non certo quello che io definirei un gran bel risveglio, insomma. Spero possiate capire.
Però oggi non voglio parlare del mio risveglio anche perché l'ho già fatto e non mi sembra ci sia molto altro da dire, bensì di quando si resta senza parole. Parlavo ieri sera con una persona speciale, e non speciale come me, speciale nel senso buono alla quale cercavo di far capire l'importanza di un segnale come restare senza parole quando invece dovrebbero uscire. Non si tratta della situazione in cui si resta attoniti, stupiti, in cui in un certo senso è anche giusto, ma quando bisognerebbe dire qualcosa, ma per mancanza di motivazione le parole non se la sentono proprio di uscire. Quel momento in cui, facevo l'esempio, vorresti chiudere una frase con due caratteristiche della persona di cui si sta parlando e dopo la congiunzione "e" non viene proprio fuori nulla. Scrivendo spesso, mi accorgo che questo momento capita, e non di rado. Lo considero sempre un campanello di allarme su quello che sto scrivendo, come fosse che ciò che riempie le righe sia tutto quello che ho da dire sulla vicenda. Normalmente, infatti, il mio stream of consciousness mi permette di mettere su carta un 30% delle cose che sto pensando mentre le scrivo, per quanto sia abbastanza veloce a scrivere. Nel caso invece del momento in cui si resta senza parole, ci metto molto di più a mettere nero su bianco tutto quello che ho da dire, paradossalmente, nonostante si scriva tutto quello che si pensa. Perché non si ha un concetto chiaro di quello che si vorrebbe dire, il senso del tutto è molto strascicato, forzato e quindi poco naturale. I pensieri logici, per quanto complessi che possono essere, hanno sempre una solida base, un concetto che permette di spiegarli anche in maniera diversa. Si tratta della differenza tra sapere e capire. Certo, poi uno po' avere una buona capacità di fare un bel ricamino attorno ad un pensiero, ma questo non toglie che si nota subito se sia qualcosa di naturale, uscito di getto o forzato. Perché esprimere i propri pensieri su carta è un po' come amare. E una volta ho sentito i lettori più sensibili vadano a leggere direttamente dopo il punto una massima estremamente volgare, secondo cui l'amore è un po' come una scoreggia: se lo forzi è probabile che ne venga fuori solo un mucchio di.. Vabbè, dopo aver detto questa cosa molto greve penso di aver reso il concetto. Non si riesce ad esprimere come proprio un concetto in cui non si crede veramente.
Va anche considerato però che molti pensieri, per quanto fatti propri, non necessitano di una spiegazione esageratamente lunga, perché in tal caso diventerebbero prolissi e con giustificazioni non richieste.
Un po' come questo post, che si sta dilungando oltre il necessario, anche se potrei andare avanti per ore.


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