giovedì 28 aprile 2016

Raccontami una storia

Fare il blogger non è così facile come può sembrare.

Oggi sentivo l'intervista in radio di Favij, uno youtuber abbastanza famoso, sicuramente pubblico più giovane lo conoscerà, che ha costruito la sua fortuna recensendo giochi per computer e playstation su Youtube. È uno di quei lavori che fino a 4 anni fa non esistevano nemmeno, ma l'esplosione della multimedialità e la diffusione di Internet anche su dispositivi portatili, ha portato alla possibilità di nuove professioni, se così si possono definire. In fondo, quelli che fanno i video in cui parlano di qualcosa, o vlog, usando un termine ben noto alle masse, non costruiscono altro che dei blog in cui la trasmissione dell'informazione, la comunicazione viene effettuata tramite video. Il problema è sempre quello, un vero avere qualcosa da dire, qualcosa di cui parlare. Quest'esperienza, dato che ormai è passato un anno e posso cominciare a parlare del blog, mi ha aperto molti orizzonti, sia cercando di farmi capire qualcosa di più su me stesso, sia sulla capacità che le persone hanno di sfruttare esposizione mediatica come struttura professionale. Personalmente non sono riuscito a mantenere la cadenza che mi ero imposto, ovvero pubblicare un post a tutti i giorni lavorativi, ma questo anche perché è impossibile, per chi ha un altro lavoro, seguire tale professione. Dovrei dedicarci più tempo, più attenzione, ma essendo nato come un'idea da tempo libero, uno sfogo, mi sembrerebbe una forzatura, anche perché ho già provato a monetizzarlo e non ha portato ai risultati sperati. Voglio dire che non è sempre molto facile parlare di qualcosa, perché si possono raccontare le proprie esperienze, quello che si è imparato, ma non sempre i nostri racconti riescono a colpire nella maniera in cui magari colpiscono noi stessi. Ad esempio, potrei raccontare di come l'altro giorno Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo di Milano abbia spiumato la coda cercando di catturare un passero, cosa di cui mi dolgo ancora adesso, perché non ho avuto la forza necessaria, l'aggressività per prenderlo era entrato e bisognava farlo uscire in qualche modo. Potrei parlare di come questa esperienza mi abbia fatto capire l'importanza di agire con decisione, ma tutto questo potrebbe non interessarvi, oppure non potreste capirne il significato come una persona che lo vive direttamente. La comunicazione è basata proprio su questo, sulla capacità di trasmettere un messaggio, e forse è proprio questo il segreto di un buon blogger. La capacità di trasmettere il messaggio tramite un mezzo, far arrivare un emozione, essere e rendere partecipi della propria esperienza le altre persone, il lettore. Un libro è bello quando ci emoziona, un film è bello quando ci trasmette qualcosa, perché blog non dovrebbe essere altrettanto? Quindi vi chiedo scusa, per l'ennesima volta, se ho trascurato questo piccolo spazio a tal punto da far abbandonare alcuni di voi, però penso che la cosa debba essere naturale, per avere un successo, per essere speciale quindi.
E niente di quello che è speciale può essere fatto in maniera ordinaria.

giovedì 21 aprile 2016

Supereroi

Si può nascondere la propria identità sotto una maschera che copre solo gli occhi?

A tutti piacciono i supereroi. Ogni anno ci vengono riproposti in tutte le loro versioni  e forme cinematografiche, sia su pellicola che stampati su carta. Perché i supereroi sono una forza, riescono ad essere al di sopra delle capacità umane (super-) e mettere i loro poteri al servizio di un bene superiore (-eroi). Il pubblico più appassionato di questo genere sono sempre stati bambini, che grazie ad enormi campagne di marketing, ora possono non solo immaginarli, ma anche giocare con loro, vestirsi come loro, sentirsi come loro.
Ma perché ad un bambino piacciono i supereroi? Questa riflessione parte da questa domanda, che può avere delle risposte tanto semplici quanto significative. Un bambino, a livello di esperienza nel desiderare qualcosa, si differenzia da un adulto per una propensione a scelte dettate dall'istinto, più che dalla ragione e dall'esperienza? Per questo, quando deve scegliere i propri modelli, il paragone perfetto a cui assomigliare, farà pendere la sua scelta verso ciò che sembra fantastico, privo di difetti, per quanto surreale. Accantonando infatti il veto imposto dall'irrealizzabilità della condizione ad un adulto, probabilmente anche lui risponderebbe che vorrebbe essere un supereroe, ma non sarebbe la sua prima scelta. Ambiamo sin in tenera età a qualcosa di superiore, di più grande, che ci permetta di essere forti e proteggere ciò che amiamo e desideriamo, a difendere i nostri sogni. Ma una realtà fallace, dove il fallimento esiste e il buono non vince sempre ci porta a desiderare altro, ad accontentarci di risultati terreni, di non voler desiderare di essere degli eroi. Eppure qualcuno lo è stato per noi. Un padre, un fratello maggiore, un insegnante, visti con gli occhi di un bambino sono degli eroi senza macchia e ancor di più senza paura, sono l'esempio che ci forma. Un bambino l'altro giorno si è fermato a guardarmi mentre facevo esercizio al parco: era vestito con il costume Iron Man, quindi ha attratto subito la mia attenzione e simpatia. Mi ha chiesto che cosa stessi facendo, e gli ho risposto che mi stavo allenando per essere forte come lui, che era Iron Man. Questo soldo di cacio, che non mi sarà nemmeno arrivato al fianco come altezza, se n'è andato tutto contento, tronfio della fiducia dimostrata nei confronti del suo personaggio. Non so se questo bambino diventerà mai un eroe, ma alla sua età lo abbiamo desiderato tutti, e non sarebbe bello negare quell'innocenza, quel candore che si ha in un'età in cui tutto si può desiderare e tutto si riesce a immaginare e fingere.
Forse la nostra vita è tale che potremmo non sentirci mai degli eroi, vedendoci da dentro e sapendo i nostri limiti, ma questo non impedisce da essere considerati tali da qualcun altro. Proprio come chi nasconde la propria identità sotto una maschera che copre solo gli occhi.
Ma se non sei un bambino certe cose non puoi capirle.

Lui è tornato

Cosa succederebbe se Hitler tornasse in tempi moderni?

Tutti sanno che non amo particolarmente parlare di politica. A dir la verità, quando mi capita l'occasione, o sono assolutamente forzato ad esprimere un parere a riguardo di determinati argomenti, oppure cerco solo di glissare elegantemente. Credo infatti che indipendentemente da quanto possa essere intelligente una persona, può capitare che questa abbia idee politicamente schierate diverse da quelle nostre: ciò può portare a delle incomprensioni, pur essendo tutte le persone di senno. Volendo evitare proprio questo genere di complicazioni, tendo quindi di evitare proprio il discorso. Eppure ieri sera ho visto un film che mi è piaciuto veramente tanto, comico ma anche un reale spaccato socio politico dell'Europa moderna. Il film in questione è "Lui è tornato", commedia satirica tedesca tratta da un romanzo best seller in Germania, che racconta di come si comporterebbe Adolf Hitler se tornasse nel 2014 all'interno della Germania moderna. Al di là di alcuni siparietti molto divertenti, ovviamente dovuti alla caratura di un uomo di un certo livello all'interno della borghesia moderna, quello che ne esce fuori è come e in che modo i tempi e il modo di fare delle persone siano cambiate. Quello che un uomo del genere metterebbe in rilievo, senza nulla togliere alle cose orribili che sono state compiute da questo dubbio personaggio, è la depressione morale dovuta all'ammorbidimento dei costumi moderni. So che è un argomento di cui ho già parlato, ma mi è molto caro. Anche solo rendersi conto che i programmi in televisione trasmettano solamente ciarpame, come definito da Hitler, è simbolo di una società che non vuole occuparsi dei reali problemi, una società talmente politically-correct che è impossibilitata a schierarsi in qualsiasi maniera, impedendo quindi all'individuo di essere rappresentato, e al tempo stesso di poter esprimere il proprio pensiero. Il pensiero di non voler scomodare nessuno, di non fare male ad una mosca, porta a crocifiggere qualcuno perchè uccide un cane satiricamente geniale la battuta del direttore dell'emittente, secondo cui "la Germania non può tollerare una cosa del genere", dimenticandosi di tutto il resto, quando ci si dimentica dei problemi reali, di un popolo scontento per una gestione approssimativa delle risorse e un patriottismo che non significa più nulla. Il personaggio ha sicuramente un carisma unico, basti pensare che da solo ha convinto un paese sconfitto in una guerra mondiale solo un paio di decenni prima a dichiarare guerra al mondo intero, mostrando che tutto ciò non sarebbe stato possibile se non fosse stato appoggiato dal popolo.
Badate bene, il film non vuole essere un elogio a uno dei più grandi dittatori sanguinari della storia, per sempre ricordato nell'immaginario collettivo come incarnazione del male assoluto, vuole essere un attenta riflessione sull'importanza delle pagine più buie e tristi della storia, che non devono essere dimenticate. Questa non vuole essere un'espressione fatta e formata, già sentita 1000 volte nella Giornata della Memoria, vuole essere un importante paradigma, secondo il quale bisogna ricordare ciò che è accaduto in passato, non dimenticarlo, ma imparare da esso. Riportare alla memoria della gente che qualcosa di brutto possa essere successo, e le motivazioni per cui questo sia successo, è importante tanto quanto ricordare come se n'è usciti.

Il film sarà nelle sale cinematografiche dal 26 al 28 aprile, consiglio a tutti di andarlo a vedere. Si tratta di coscienza popolare.

lunedì 18 aprile 2016

Ferie private

Mi è tornata voglia.

Recentemente ho avuto un po' da fare. Lo so che ve ne sarete accorti dal fatto che ho trascurato il blog, ma in fondo avevo come al solito i miei buoni motivi. Ho avuto un po' la testa piena di cose da fare, tra lavoro e vita privata, e francamente il tempo per scrivere latitava. Ma a chi voglio a dare a bere, mi era proprio passata la voglia di scrivere. Perché mettere su carta, o su una pagina online che dir si voglia, è un po' un modo di esorcizzare i propri problemi, quindi uno sfogo, o per dirla in maniera del tutto corretta, un sistema elaborato per fare qualcosa di cui non vado per niente fiero: lamentarsi. Nell'ultimo periodo ero proprio stufo di lamentarmi delle cose che volevo cambiare, che non andavano bene e che sbagliavo nella mia divertente esistenza. Notoriamente tutto non può andare come uno voglia, nella maniera migliore possibile, per questo bisogna cercare di essere complianti nei confronti della nostra stessa vita. Avere tanti pensieri, può portare a dedicare meno tempo alla pace della mente e a delegare alla nostra parte lamentosa parte della colpa: si arriva così a far intraprendere alla nostra componente lamentosa un ruolo dominante nella nostra giornata, fino al punto estremo in cui si comincia a vivere male per questo.
Non mi piace lamentarmi, perché mi è stato insegnato che se qualcosa non va, devo prodigarmi io stesso per far e in modo che le cose vadano a posto. Ma non si può nemmeno seguire tutto con attenzione, cercando di fare tutto. Per questo mi sono preso un break, dal blog, come dai miei piani di vita e da tante altre cose che mi davano pensieri, ma sopratutto da me stesso. Mi piace molto definirmi così in questo momento: mi son preso una vacanza da me stesso, senza andare da nessuna parte. Non lascio che le preoccupazioni influiscano sul mio umore, egoisticamente penso di più a me stesso senza però dimenticare di vivere in un mondo in cui esistono anche altre persone, ma la filosofia di base è che tutto viene preso con più calma e, per certi versi, più alla leggera.
Potrà sembrare strano per quanto assurdo è sempre nel mio stile, ma sta funzionando. Ci si accontenta di meno, ma mentalmente ci rilassa e quindi la diretta conseguenza è una corretta ponderazione dei problemi quotidiani. Non so dire con esattezza quanto potrà durare questo periodo, ma anche dovesse finire oggi stesso, avrebbe già portato del beneficio. Che si chiami atteggiamento Zen, pace dei sensi, o in qualsiasi altro termine new-age, non penso di aver scoperto nulla di nuovo, eppure funziona. Detto questo, credo sia possibile che continuerò a mancare qualche appuntamento con il blog, ma continuando a mantenere il cervello attivo su nuovi argomenti su cui riflettere. Ma ci penserò poi.
Adesso sono in vacanza. E me la godo.

martedì 5 aprile 2016

Serenata metropolitana

È meglio sentirsi dire una verità scomoda o una mezza verità più comoda?

Ieri sera è stata una serata particolare. Ultimamente il lavoro non mi sta dando molto tempo per fare quello di cui ho voglia, per cui ieri sera, come stavo dicendo, ho deciso di fare qualcosa di diverso. Dovete sapere che ormai la primavera è arrivata, indi ci si cerca di godere il più possibile della bella stagione, soprattutto chi, come me, ha passato un inverno al freddo. Finalmente non si indossa più il pile, nemmeno la felpa in alcune occasioni, per cui poter girare la sera in maglietta è una grande liberazione. Quale occasione migliore, se non un giorno di bel tempo, di passare una serata al parco, a prendere del fresco, senza nemmeno ancora le zanzare? Così, con una mia amica, quella con cui l'anno scorso sono andata a farmi un bellissimo giro della città in bicicletta che purtroppo le hanno rubato nel frattempo, ho deciso di andare al parco, non per vedere le stelle visibilmente coperte dal cielo nuvoloso, ma a suonare. È sempre un'occasione bella, poter uscire con questa persona perché è un'amica vera, di quelle che le cose non te le vanno a dire. Non te le vanno a dire nel senso che te le dice in maniera anche troppo schietta a volte, però è un'amica sincera, quindi è sempre piacevole poter parlare con lei. Abbiamo parlato di tante cose e ho potuto condividere la mia visione su determinati argomenti con lei, così diversa, ma così onesta nei miei confronti. Un vero parere esterno, specialmente di una persona che ci capisce molto bene ma la pensa completamente diversa da noi, è sempre un'occasione per mettersi a confronto con noi stessi. Un parere contrastante con quanto pensiamo autonomamente, può darci una nuova visione sulle cose, specialmente da punti di vista necessariamente mancanti per carattere, o per esperienza passate.
Mi ha fatto ragionare su tante cose, ma mi ha dato anche risposte che avrei preferito non sentire, tanto erano sincere. Ho apprezzato che lei me le abbia dette, tali affermazioni, e ho ragionato tanto su quello di cui abbiamo discusso, anche dopo che ci eravamo salutati. Mi ha fatto capire che in fondo è meglio accettare una verità sincera, piuttosto che un mezza bugia detta solo per lenire, per indolare la pillola. Sulla maggior parte degli argomenti di cui abbiamo parlato, continuiamo ad essere in disaccordo, ma è comunque stato un confronto. Non perché sia completamente folle, ma perché è giusto fare vedere le cose per come sono, avere quanti più punti di vista su un argomento. Perché in fondo non tutto il mondo ragiona come ragioniamo noi, ed è anche giusto saperlo. Così, ieri sera, non solo ho suonato per un pubblico estremamente ristretto di anatre al laghetto del parco, non solo ho finalmente scoperto che cosa succede quando dicono che chiudono un parco, cioè che chiudono i cancelli e abbiamo dovuto scavalcare per uscire, ma anche capito qualcosa di più su me stesso.
Ho avuto le risposte che non volevo, ma di cui avevo bisogno.

Otis Redding - Sittin' on a Dock of a Bay