Si nota di più se ci vado e sto in disparte o se non ci vado?
Sì, lo so. Sono un fighetto. Sto in una città di fighetti, e proprio come all'interno di un branco di lupi bisogna mostrare i denti per essere rispettati, anche in questa città per distinguersi, e anche per certi versi per eccellere, bisogna essere fighetti. Immagino quindi che non vi stupirete quando vi racconterò quello che sta facendo in questo momento. Mi trovo in mezzo a Parco Sempione, al tramonto, con come sfondo l'Arco della Pace. Una bella scenetta romantica, se vista in coppia, altrimenti, nel caso foste da soli come me, una meravigliosa cartolina di questa splendida città. Quello di cui però voglio parlare, non è di quanto sia affascinante la mia città in questa giornata di primavera in cui non c'è una nuvola in cielo, ma di quello che sto facendo e di quello che mi ha dato da pensare. Sto andando un aperitivo, sai che novità, e ci sto andando vestito tutto bello agghindato da festa. Giacca, camicia aperta, pantaloni e mocassino. Decisamente al di sopra dello standard medio per la mia età, ma il tocco di classe stavolta non è la giacca, seppur di alta sartoria, ma la bicicletta. Dovete sapere che durante l'ultimo weekend il mio vicino di casa stava sistemando il suo garage, buttando via le cose che non gli servivano più. Ha incrociato me per caso, e ha deciso di chiedermi se avessi bisogno di una bicicletta, seppur da riparare: conoscendo bene i prezzi dei ricambi, e vedendo che in realtà lo stato era integro, ho deciso di prendermene carico. Negli ultimi giorni mi sono messo di buona lena e la sera ho cominciato a riparare la mia nuova bicicletta, già soprannominata The Beast. Trattasi di modello Leri pieghevole simil. Graziella colore celeste chiaro metallizzato, tra l'altro, con copertoni bianchi e un manubrio a corna vintage, estremamente piccola, resa ancora più piccola dalla persona che ci sta sopra. Divertente, simpatica e autoironica, la bicicletta di uno che non si prende troppo sul serio, quindi ho pensato subito che era fatta per me. Arrivando qua mi sono fatto un bel giro panoramico di tutto il centro, sorridendo alle ragazze, che ovviamente, lusingate, rispondono con un sorriso. Mi è stato chiesto perché non mi fermo a parlarci, e il motivo è perché perché spesso mi piace solamente fare un apprezzamento, per far sentire meglio una persona: non deve essere necessariamente finalizzato a qualcosa. Non offendo nessuno ma, anzi, rende una persona più felice, come rende felice me se mi viene sorriso di ricambio. Ovviamente dato anche l'alto numero di persone vestite con magliette fluorescenti che vengono a Parco Sempione correre, mi sono chiesto che cosa cambiasse in questa figura di me vestito così su un trabiccolo del genere, che fa sorridere la gente, ma nel senso buono, rispetto alla mia versione di tutti i giorni, vestito in maniera poco differente, solo con la cravatta in più, che non ha lo stesso effetto sulla gente. È un discorso di confidenza, di sicurezza di sé, oppure dipende da qualcos'altro? Cosa significa veramente mettersi giù da battaglia, come ama dire il mio capo?
Mi è sempre stato insegnato che è molto meglio essere che apparire, eppure anche l'apparenza, il modo in cui ci poniamo nei confronti degli altri è molto importante. Non sto dicendo che sono due cose di pari livello, sto dicendo che sono tutte e due importanti, diverse, e quindi che vanno considerate entrambe. Essere sicuri di noi permette di relazionarsi meglio con le persone che ci stanno vicino, ci permette di avere meno barriere, e quindi di poter ottenere di più da noi stessi. Quindi non mi stupisco se le ragazze mi sorridono, perché so perché lo fanno. Non è la giacca, nemmeno la bici che mi è stato detto di dire che è vintage, non scarcinata come piaceva chiamarla a me, ma tutto il complesso.
Perché essere sicuro di me mi porta a sorridere, ed è quello l'accessorio che le donne notano. E apprezzano.
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